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NORMA – REATO DI ATTO PERSECUTORI

Il reato di atti persecutori, noto anche come stalking, è disciplinato dall’art. 612 bis c.p. che punisce chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in maniera tale da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero un timore per l’incolumità propria o di un proprio congiunto, ovvero da costringere lo stesso a modificare il proprio stile di vita. Tale reato è un reato abituale, a struttura causale e non di mera condotta (Cass. Pen. 23485/2014).
Le tre ipotesi anzidette sono alternative: ciò significa che ciascuna di esse è idonea ad integrare il reato di cui all’art. 612 bis c.p. (Cass. pen. 43085/2015 – Cass. pen. 34015/2010).

 

STALKING CONDOMINIALE

Negli ultimi anni sono sempre più frequenti i casi di atti persecutori perpetrati nei confronti dei vicini di casa, al punto tale che la giurisprudenza ha creato, mediante diverse pronunce, lo stalking condominiale quale nuova fattispecie dell’art. 612 bis c.p. (Cass. pen. 20895/2011).
Tuttavia, una semplice lite di condominio non è sufficiente perché sia configurato lo stalking condominiale, ma è necessario – ad esempio – che la prova dell’evento del delitto sia ancorata ad elementi sintomatici di turbamento psicologico, ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente. In sintesi deve essere accertato l’effetto del comportamento complessivo e reiterato del soggetto agente sulla psiche e lo stile di vita della vittima (Cass. pen. 27466/2018).
Inoltre, secondo la Corte di Cassazione, non è necessario che la condotta del soggetto agente sia diretta ai danni della medesima persona, ma è possibile che gli atti persecutori siano commessi ai danni di più persone che vivono nel medesimo stabile, e che gli atti persecutori diretti singolarmente a persone diverse provochino comunque uno degli eventi descritti dalla norma a tutti gli altri condomini (Cass. Pen. 20895/2011).

 

RECIPROCITÀ DELLE CONDOTTE DI STALKING CONDOMINIALE

Non è infrequente che le liti tra condomini portino ad atti persecutori reciproci, accompagnati da querele sporte reciprocamente.
Tuttavia, quand’anche le persone offese avessero attuato anch’esse condotte etero-aggressive nei confronti dell’imputato, ciò non legittimerebbe sic et simpliciter l’esclusione del reato, ma imporrebbe solo un più accurato onere di motivazione in capo al giudice di merito (Cass. Pen. 2726/2019 – Cass. pen. 45648/2013 – Cass. pen. 17698/2010).
Ciò significa che non è sufficiente che il comportamento sia posto in essere da entrambe le parti, ma che il giudice deve sempre contestualizzare il fatto, ponendo l’accento sull’idoneità lesiva dello stesso, rispetto agli interessi tutelati dall’art. 612 bis c.p. Quindi, nel caso di reciprocità dei comportamenti, il giudice deve prestare una maggior attenzione.
Il reato di stalking condominiale potrà dirsi non integrato nel caso di parità psicologica tra i contendenti, venendo meno la tipicità del fatto per assenza dell’evento del reato.
Diversamente, si potrà essere ritenuto integrato il reato di stalking condominiale qualora venga accertata un’ingiustificata predominanza di un soggetto sull’altro, che permetta di qualificare le condotte come atti di natura persecutoria e le reazioni della vittima come esplicazione di un meccanismo difesa volto a sopraffare la paura (Cass. pen. 45648/2013).

 

PENE E PROCEDIBILITÀ PER IL REATO DI STALKING CONDOMINIALE

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena prevista per lo stalking condominiale è la medesima prevista ex art. 612 bis c.p.: reclusione da un anno a sei anni e sei mesi.
La pena è aumentata fino alla metà nel caso in cui il fatto sia stato commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità.
È possibile sporgere querela nel termine di sei mesi dall’ultimo evento verificatosi, ma si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità.

 

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