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Si ponga il caso che, durante un volo, in arrivo all’aeroporto di destinazione, il bagaglio sia smarrito. Ebbene, in tale spiacevole situazione, al di là del disagio che si viene a creare, ci si chiede spesso – dal punto di vista pratico – se la compagnia aerea sia chiamata a risarcire i danni per lo smarrimento del bagaglio. Sul punto è intervenuta una nota sentenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha chiarito la prova che deve essere fornita dal vettore aereo al fine di liberarsi dalla presunzione di responsabilità a suo carico, nonché quali sono i limiti di responsabilità invocabili dal vettore stesso.

VICENDA DELLO SMARRIMENTO DEL BAGAGLIO

La sentenza n. 3978 pronunciata in data 12.02.2019 dalla Sezione III della Corte di Cassazione trae origine dalla vicenda che ha visto coinvolta una coppia di coniugi la quale, in particolare, ricorreva all’Autorità Giudiziaria contro un tour operator, nonché contro una compagnia aerea, lamentando che – a seguito dell’acquisto di un pacchetto turistico con formula “all inclusive”, che includeva il trasferimento aereo affidato al vettore convenuto in giudizio – una volta giunti a destinazione, non gli fosse stato riconsegnato il bagaglio, in quanto smarrito; gli attori, dunque, avevano convenuto in giudizio la compagnia e il tour operator chiedendo la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti. La sentenza di primo grado aveva accolto la domanda dagli attori formulata, ma limitatamente a quella nei confronti del tour operator. Sicché, era stato proposto appello averso il predetto provvedimento, ove i coniugi i quali avevano chiesto l’accoglimento della domanda anche nei confronti della compagnia aerea. La Corte di secondo grado adita aveva parzialmente riformato la sentenza, condannando il vettore al risarcimento in favore degli appellanti unicamente con riguardo al danno patrimoniale da questi subito, ritenendo responsabile del danno non patrimoniale da vacanza rovinata solamente il tour operator. In particolare, per i giudici del gravame non era stata provata dalla compagnia aerea l’eccezione da quest’ultima sollevata, che riteneva che il bagaglio era andato smarrito per colpa imputabile agli attori e, in particolare, perché questi non avevano provveduto ad apporre l’etichetta identificativa che avrebbe consentito la pronta individuazione e restituzione agli aventi diritto. Avverso la sentenza di secondo grado, la compagnia di volo aveva proposto ricorso per cassazione, per quattro motivi. Segnatamente, con i primi due la ricorrente aveva dedotto che il bagaglio non le era mai stato affidato in quanto era stato smarrito durante la prima tratta del viaggio, effettuata da altra compagnia; con il quarto motivo, lamentava la violazione dell’art. 113 c.p.c. e dell’art. 22 della Convenzione di Varsavia, dovendo, se del caso, la sua responsabilità essere contenuta entro il limite di valore stabilito dalla suddetta convenzione.

 

SOLUZIONE FORNITA DALLA CORTE – CASSAZIONE CIVILE SEZ. III, 12/02/2019, N.3978

I giudici della Suprema Corte hanno parzialmente accolto il ricorso, osservando che, nel giudizio di merito, la compagnia aerea aveva effettivamente eccepito di non avere mai ricevuto in affidamento i bagagli, come era stato provato per testimoni, i quali avevano ben evidenziato che i bagagli erano stati ritualmente registrati nel primo aeroporto, senza tuttavia tale circostanza fosse stata presa in considerazione dalla Corte d’Appello adita in secondo grado. Ad ogni modo, i giudici di legittimità hanno evidenziato che lo smarrimento del bagaglio prima dell’affidamento al vettore aereo costituisce oggettivamente una circostanza rilevante per la valutazione della sua responsabilità, tempestivamente dedotta e della quale era stata fornita una prova astrattamente idonea a dimostrarne la veridicità (Cass. civ., Sez. Un, 7 aprile 2014 n. 8053). Per ciò che concerne l’applicabilità del limite di responsabilità vettoriale previsto dalla Convenzione di Varsavia del 1929, la Corte ha sottolineato che, in virtù del principio iura novit curia, spetta al giudice accertare d’ufficio l’esistenza e il contenuto della norma di diritto internazionale pattizio. Atteso che lo Stato di appartenenza della compagnia aerea ha firmato, ma non ratificato, la Convenzione di Montreal del 1999, va esclusa l’applicabilità al caso di specie del maggior limite di responsabilità ivi previsto. In particolare, la predetta si applica ai trasporti internazionali qualora il luogo di partenza e quello di arrivo (che vi sia o meno interruzione di trasporto o trasbordo) sono situati sul territorio di due Stati contraenti, o sul territorio di un solo Stato contraente se è previsto uno scalo sul territorio di un altro Stato, anche se non contraente. A nulla rileva che il volo fosse partito dall’Italia dal momento che, pur avendo l’Unione Europea aderito alla Convenzione di Montreal, essa si applica soltanto ai vettori aerei comunitari, come espressamente previsto dai citati regolamenti.

 

SMARRIMENTO DEL BAGAGLIO: RESPONSABILITÀ DEL VETTORE AEREO INTERNAZIONALE

Alla luce delle predette considerazioni e della sentenza sopracitata, è possibile concludere che il vettore aereo, al fine di andare esente da responsabilità in ipotesi di perdita o avaria del bagaglio a lui affidato, deve fornire la prova di avere adottato tutte le misure idonee per evitare il danno ai sensi dell’art. 1681 c.c., dell’art. 20 della Convenzione di Varsavia e dell’art. 17, par. 2 della Convenzione di Montreal.
Nell’ipotesi di distruzione, perdita, deterioramento o ritardo nella riconsegna del bagaglio, l’art. 22 par. 2 della Convenzione di Montreal fissa il tetto di “mille diritti speciali di prelievo” (equivalenti a circa a mille euro), “salvo dichiarazione speciale di interesse effettuata dal passeggero al momento della consegna del bagaglio al vettore, dietro pagamento di un’eventuale tassa supplementare” che obbliga la compagnia al risarcimento sino a concorrenza della somma dichiarata, a meno che non venga dimostrato che tale importo è comunque superiore all’interesse reale del mittente.
In merito alla questione se tale tetto risarcitorio valga solo per il danno patrimoniale, ovvero comprenda anche quello non patrimoniale, la Cassazione ha ribadito il principio di diritto in virtù del quale tale limitazione “opera in riferimento al danno di qualsiasi natura patito dal passeggero medesimo e, dunque, non solo nella sua componente meramente patrimoniale, ma anche in quella non patrimoniale, da risarcire, ove trovi applicazione il diritto interno, ai sensi dell’art. 2059 c.c., quale conseguenza seria della lesione grave di diritti inviolabili della persona, costituzionalmente tutelati” (Cass. civ. sez. VI, 21 febbraio 2019, n.4996).
Di medesimo avviso è la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale – con riguardo al citato art. 22 – ha affermato che deve essere interpretato nel senso che include tanto il danno materiale quanto il danno morale (Corte giustizia UE, sez. III, 6 maggio 2010, n. 63).
Peraltro, è stato affermato che il passeggero che voglia ottenere un risarcimento dei danni subiti dagli oggetti imbarcati nella stiva di un aereo oltre i limiti previsti dalla convenzione di Varsavia, deve fornirne l’esatto valore al momento dell’imbarco o in precedenza (Cass. civ., sez. VI, 9 maggio 2018, n. 11037).
Da ultimo, giova ricordare che, per costante giurisprudenza, il vettore è responsabile delle cose consegnategli per il trasporto sino alla riconsegna al destinatario, anche se si è avvalso di un’impresa esercente i servizi di assistenza a terra (vettore operativo), la cui prestazione rientra, come attività accessoria, nella complessiva prestazione che forma oggetto del contratto di trasporto, così che il vettore operativo assume la qualifica di ausiliario del vettore contrattuale e se la perdita del bagaglio si verifica quando esso è affidato al vettore operativo, il viaggiatore proprietario può agire contrattualmente nei confronti del vettore aereo, il quale risponde ex art. 1228 c.c. (Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 2544).

 

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