0284945796 [email protected]

LEGGE 13 DICEMBRE 2024 N. 203

La Legge 13 dicembre 2024 n. 203 c.d. “Collegato lavoro” è entrata in vigore il 12 gennaio 2025. Sulla scia di quanto disposto dal Decreto Trasparenza, essa stabilisce i limiti massimi e minimi di durata del periodo di prova nei contratti a termine. La nuova normativa, si rifà alla Direttiva UE 2019/1152, recepita nell’ordinamento legislativo italiano dal D.lgs 104/2022, il c.d. “Decreto Trasparenza”.
In particolare, è l’art. 13 che ridefinisce il periodo di prova dei contratti a tempo determinato stabilendo nuovi criteri univoci. Questo articolo, aggiunge all’art. 7, c. 2 del Decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104, quanto segue; “Fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi”.
È evidente, dunque, che, salvo diversa previsione nel CCNL, la durata del patto di prova viene determinata considerando un giorno di effettiva prestazione lavorativa ogni 15 di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. Inoltre, nell’ultima parte dell’art. 13, viene specificato che:

  • per i rapporti di lavoro con durata pari o non superiore a sei mesi, la durata del periodo di prova deve rientrare in un lasso di tempo compreso fra i 2 e i 15 giorni;
  • per i rapporti di lavoro con durata superiore a sei mesi ma inferiore a dodici, il periodo di prova ha una durata non superiore a 30 giorni.

Rispetto a queste previsioni, anche l’art. 7 c. 2 del Decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104, precisa che esse debbano essere rispettate solamente nei casi in cui la contrattazione collettiva non preveda condizioni più favorevoli. Ad oggi permangono ancora vaste lacune normative, nonostante il c.d. Collegato Lavoro abbia già contribuito a colmarne molte. Un esempio significativo riguarda il periodo di prova per i contratti a termine di durata superiore ai 12 mesi, per i quali restano ancora molti aspetti da chiarire.

 

CHE COS’È IL PERIODO DI PROVA?

Il periodo di prova è un patto accessorio al contratto di lavoro subordinato. Con questo patto le parti individuano un certo lasso di tempo in cui assicurarsi la reciproca convenienza alla prosecuzione del contratto stesso. Questo patto è utile ambo le parti; il datore di lavoro può verificare le capacità del lavoratore assunto, e allo stesso tempo quest’ultimo può valutare le condizioni del rapporto di lavoro, la mansione assegnata e l’entità della stessa. Esso deve essere:

  • un atto scritto;
  • deve specificare le mansioni che il lavoratore andrà a svolgere; “Ai fini della legittimità del patto di prova è necessario che fin da prima dell’inizio del periodo di prova vengano specificate al dipendente le incombenze che lo stesso è chiamato a svolgere, non rilevando che tali mansioni siano descritte solo successivamente e quindi quando il periodo di prova è ormai in corso di svolgimento. L’individuazione delle specifiche mansioni oggetto del patto di prova può essere utilmente compiuta attraverso il richiamo al c.c.n.l. applicato, ma anche ad ogni altro documento redatto dal datore e ricevuto dal lavoratore prima dell’inizio del periodo di prova” (Tribunale Bari sez. lav., 25/06/2024, n.2904).
  • non può superare il limite massimo individuato dalla normativa di riferimento.

In caso di maternità, malattia od infortunio, il comma 3 dell’art. 7 prevede espressamente che “il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza”.
Questa norma recepisce un orientamento giurisprudenziale che sancisce il c.d. principio di effettività del periodo di prova. In base a tale principio, il decorso del periodo di prova deve essere sospeso nei giorni in cui la prestazione lavorativa non si è svolta a causa di eventi non prevedibili, quali malattia, infortunio, gravidanza e sciopero. Diversamente, verrebbe meno la finalità stessa del patto di prova, ovvero consentire alle parti di valutare la reciproca convenienza del contratto di lavoro (Cass. 4347/2015; Cass. 40404/2021).

 

RECESSO DURANTE IL PERIODO DI PROVA

L’art. 2096 c. 3 c.c. prevede che: “Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d’indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine”. La giurisprudenza è chiara nel ribadire che il recesso chiesto durante il periodo di prova non deve essere neppure motivato, neanche in caso di contestazione in ordine alla valutazione della capacità del comportamento professionale del lavoratore. Solo nel caso in cui il lavoratore provi che il recesso sia determinato da un motivo illecito, potrà contestarlo (C. Cost. 189/1980; Cass. 31159/2018; Cassazione civile , sez. lav. , 15/05/2024 , n. 13514).
Inoltre, il recesso viene considerato “illegittimo” qualora il periodo di prova sia stato talmente breve da non consentire in modo ragionevole, una valutazione adeguata delle competenze professionali del lavoratore, compromettendo così l’obiettivo stesso del patto di prova.

 

****

Lo Studio rimane a disposizione per qualsiasi chiarimento occorresse.

Fac- simile clausola periodo di prova nel contratto di lavoro.

Per conoscere i servizi che si offrono, di seguito il link alla pagina relativa alla materia contrattuale e al diritto del lavoro.

Foto Agenzia Liverani