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Se si riceve un atto di precetto di pagamento con il quale vi viene intimato di pagare una somma di denaro è bene sapere che, in difetto di pagamento nei dieci giorni concessi ex art 481 c.p.c., il creditore potrà agire esecutivamente al fine di aggredire i beni del debitore per soddisfare il proprio credito.
Invero, ai sensi dell’art. 492bis c.p.c., il creditore ha diritto ad ottenere dal Tribunale l’autorizzazione ad accedere ai pubblici registri presso l’Inps, Agenzia delle Entrate, Pra, Conservatoria dei registri immobiliari e del Ministero del Lavoro, al fine di ottenere le informazioni necessarie per rinvenire beni utili al recupero del credito.
Pertanto, laddove non vi fossero motivi per contestare il credito rivendicato, è opportuno considerare l’idea di provvedere al pagamento al fine di non incorrere in un inutile aggravamento dei costi.
Ove invece vi fossero dei motivi per opporsi al titolo esecutivo notificato, il legislatore ha fornito uno strumento di tutela per il debitore disciplinato dagli artt. 615 e 616 c.p.c.

PRESUPPOSTI PER PROPORRE OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE

E’ qualificata come opposizione “successiva” quella compiuta dopo l’inizio dell’esecuzione.
Essa ha lo scopo di contestare non solo il diritto del creditore a sostenere l’azione esecutiva, ma anche la pignorabilità dei singoli beni.
Con l’opposizione all’esecuzione possiamo:

  1. contestare l’esistenza del diritto del creditore a procedere all’esecuzione: si noti che l’opposizione può avere ad oggetto l’esistenza del titolo esecutivo, ma non può tornare sul merito del contenuto del provvedimento che si è ormai formato, per contestarne la fondatezza;
  2. contestare l’inesistenza o la modificazione del diritto riconosciuto nel titolo esecutivo, si pensi alla prescrizione del diritto intervenuta dopo la formazione del titolo esecutivo, o al caso dell’azione esecutiva esercitata per un diritto diverso da quello contenuto nel titolo esecutivo;
  3. contestare l’ammissibilità giuridica della pretesa coattiva: rientrano in questa forma le opposizioni che hanno ad oggetto la legittimazione attiva o passiva dell’esecuzione.

 

SOGGETTI LEGITTIMATI A PROPORRE OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE

Sono legittimati all’opposizione:

  1. il debitore esecutato, quando non abbia già alienato i beni soggetti ad esecuzione;
  2. il terzo possessore o detentore del bene sottoposto ad esecuzione.

Secondo alcune pronunce giurisprudenziali, è legittimato a proporre opposizione all’esecuzione anche il terzo acquirente del bene sottoposto a pignoramento dal creditore, con esclusione tuttavia dei casi in cui l’acquisto si sia perfezionato dopo la trascrizione del pignoramento, che ai sensi dell’art. 2913 c.c., rende inefficace la vendita nei confronti del creditore procedente e dei creditori intervenuti.

 

PROCEDIMENTO BIFASICO

L’opposizione all’esecuzione si propone con ricorso davanti al Giudice presso cui è incardinato il processo esecutivo in corso.
L’art. 615 comma 2 c.p.c. stabilisce il termine ultimo oltre il quale è inammissibile la proposizione dell’opposizione all’esecuzione per espropriazione, individuato nell’adozione del provvedimento di vendita o di assegnazione del bene oggetto di esproprio, eccetto che 1) l’opposizione sia fondata su fatti sopravvenuti; 2) l’opponente dimostri che non ha potuto proporla tempestivamente, per cause a lui non imputabili.
Il giudice dell’esecuzione adotta i provvedimenti urgenti sulla richiesta di sospensione dell’esecuzione – soggetti a reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. – e fissa con decreto la data di udienza in cui dovranno comparire le parti ed il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del predetto decreto alla controparte: la mancata o tardiva notifica determina l’inammissibilità del ricorso.
All’udienza di comparizione, il giudice conferma o revoca la sospensione già pronunciata, o si pronuncia sulla richiesta di sospensione.
Nella prima udienza inoltre, il giudice verifica la propria competenza: se conferma la propria competenza, fissa il termine perentorio per la notifica dell’atto di citazione e l’introduzione della causa di merito, diversamente il giudice rimetterà le parti davanti al giudice competente, assegnando un termine alle parti per la riassunzione della causa.
La causa di merito è introdotta con atto di citazione (o con ricorso, se il rito applicabile è quello del diritto del lavoro).
Al convenuto citato è assegnato un termine non inferiore a quello stabilito dall’art. 163 bis c.p.c., (se la causa è introdotta con atto di citazione) ridotto della metà, o a quello di cui all’art. 415 c.p.c. (se la causa è introdotta con ricorso) ridotto della metà.
L’opponente è tenuto anche all’iscrizione a ruolo della causa, successiva alla notifica dell’atto di citazione, o contestuale al deposito del ricorso.
Il giudizio di opposizione all’esecuzione si conclude sempre con una sentenza, che il novellato art. 616 c.p.c., riformato dalla L. 18 giugno 2009 n. 69, ha reso nuovamente appellabile e quindi soggetta ai normali rimedi di impugnazione.
Nell’ipotesi in cui il procedimento dovesse definirsi con un accoglimento dell’opposizione, il titolo esecutivo risulterebbe inficiato e privo di effetti, con la conseguenza che il debitore non dovrebbe corrispondere alcunché.

 

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