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L’opposizione all’esecuzione e l’opposizione agli atti esecutivi costituiscono i rimedi previsti dalla legge a favore del debitore esecutato nell’ambito del procedimento di esecuzione.

OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE 

Con questo istituto, previsto dall’art. 615 c.p.c., il debitore o il soggetto interessato ha la facoltà di contestare il diritto del creditore di procedere all’esecuzione, sia sotto il profilo dell’inesistenza che della modificazione del diritto riconosciuto nel titolo esecutivo o ancora dell’ammissibilità della pretesa coattiva.
Rientrano in questi casi le opposizioni aventi ad oggetto la legittimazione attiva e passiva all’esecuzione; altra ipotesi tipica è quella relativa alla sentenza provvisoriamente esecutiva che venga poi riformata in appello.

 

OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI 

L’opposizione agli atti esecutivi è invece disciplinata dall’art. 617 c.p.c. e costituisce il procedimento con cui il debitore o il destinatario di un atto di esecuzione può far valere i vizi attinenti alla regolarità formale del titolo esecutivo, del precetto, delle notificazioni o degli atti del procedimento.
In altre parole, con questo rimedio è possibile contestare la conformità del singolo atto del processo esecutivo rispetto alle previsioni normative.

 

DIFFERENZE TRA GLI ISTITUTI DI OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE E OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI 

La prima differenza tra le due opposizioni è di immediata percezione e attiene ai vizi che possono essere censurati dal debitore o dal soggetto interessato; infatti, mentre con l’opposizione all’esecuzione viene contestato alla radice il diritto contenuto nel titolo esecutivo ovvero la stessa pretesa coattiva, l’opposizione agli atti esecutivi consente di rilevare l’irregolarità o la difformità del titolo esecutivo o dei singoli atti rispetto alle prescrizioni di legge; in altre parole, quindi l’una punta a contestare l’an debautur, l’altra il quomodo dell’esecuzione.

In secondo luogo, i due tipi di opposizione presentano una diversa disciplina in relazione al termine per la loro proposizione. In particolare, l’opposizione all’esecuzione può essere promossa in qualsiasi momento fino a quando non sia “stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552, 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile”. Al contrario, l’art. 617 c.p.c. fissa per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi il termine perentorio di venti giorni decorrenti dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto qualora l’esecuzione non sia stata ancora avviata ovvero, ad esecuzione iniziata, dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti.

 

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