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La disciplina dettata dal codice civile in materia di danno da cose in custodia è contenuta dall’art. 2051 c.c., in virtù del quale ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. Ne deriva che il soggetto che detenga una cosa a qualunque titolo, sia esso per proprietà, locazione o uso, è responsabile qualora la cosa medesima cagioni danni a terzi, in virtù del dovere di sorveglianza su di esso incombente. A tal fine sarà dunque considerato custode colui il quale vanta a qualsiasi titolo un potere di vigilanza e/o di controllo sulla cosa, potendo ben essere tale potere anche solamente di fatto. Dalla lettera della norma in esame, difatti, emerge che la “custodia” si caratterizza per avere un ampio significato, che travalica i limiti della mera detenzione.

NATURA DELLA RESPONSABILITÀ EX ART. 2051 C.C.

Dopo ampio dibattito, oramai dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che quella contemplata dall’art. 2051 c.c. sia una forma di responsabilità oggettiva. Difatti, è necessario e sufficiente che venga accertato il nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno da essa provocato onde riconoscere la responsabilità ex art. 2051 c.c..
A tal fine, andrà dimostrato che il danno sia connaturato al dinamismo della cosa, non essendo sufficiente che quest’ultima sia, invece, mera occasione dell’evento.
Sul punto, citando le parole dei Giudici della Suprema Corte di Cassazione, “la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva fondandosi sulla prova del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito, senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, o dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo, contraddistinguete dalla colpa ai sensi dell’ art. 1227 c.c. e dalla oggettiva imprevedibilità rispetto all’evento pregiudizievole” (cfr. Cassazione civile , sez. III , 28/11/2023 , n. 33074).
Ne deriva dunque che il danneggiato che invoca la responsabilità da cose in custodia, deve provare l’esistenza del rapporto di custodia e del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno che egli ha subito, giacché, solo successivamente, il convenuto dovrà dimostrare il caso fortuito.

 

NOZIONE DI CASO FORTUITO NEL DANNO DA COSE IN CUSTODIA

Premesso quanto sopra, non è affatto agevole fornire una definizione di caso fortuito per come contemplato dalla norma de qua. Tradizionalmente, si considera tale l’evento che trascenda la previsione degli eventi ipotizzabile alla luce delle circostanze di luogo e tempo in cui si è verificata l’azione.
Si badi che il caso fortuito deve essere distinto dalla forza maggiore, nonostante i confini degli stessi vanno spesso confusi: mentre il caso fortuito è caratterizzato dall’impossibilità di prevedere, la forza maggiore dall’umana impossibilità d’impedire. Tuttavia, per quanto di nostro interesse, ai fini di cui all’art. 2051 c.c., il primo deve considerarsi comprensivo della seconda.
Difatti, si attribuisce la qualifica di fortuito al fattore idoneo ad interrompere il nesso causale in quanto imprevedibile, inevitabile e assolutamente eccezionale, tale, dunque, da non poter essere contrastato dall’uomo; sicché, la giurisprudenza ha affermato che sia idoneo ad interrompere il nesso causale anche l’evento prevedibile, ma non prevenibile in alcun modo (cfr. Cfr. Cass. civ., 31 ottobre 2017, n. 25837).

 

CONCORSO DI COLPA DEL DANNEGGIATO NEL DANNO DA COSE IN CUSTODIA

Ai sensi dell’art. 1227 c.c., se il danneggiato che per propria colpa ha concorso a cagionare il danno, allora il risarcimento sarà proporzionalmente diminuito avuto riguardo alla gravità della condotta da egli tenuta. Di talché sono ipotizzabili casi in cui la cosa ha effettivamente cagionato il danno, ma quest’ultimo avrebbe potuto essere evitato o, comunque, avrebbe potuto avere conseguenze meno gravi, qualora il danneggiato si fosse attenuto a regole di comune diligenza, ovvero avesse osservato regole di condotta dettate da apposite disposizioni di legge.
Così, ad esempio, la giurisprudenza della Suprema Corte ha recentemente affermato che, quando il custode eccepisce la colpa del danneggiato, è necessario accertare che questi abbia tenuto un comportamento negligente e che quella condotta non fosse prevedibile da parte del custode (cfr. Cass. civ., 31 ottobre 2017, n. 25837, cit.). E inoltre, in tema di caso fortuito e concorso di colpa del danneggiato, la medesima giurisprudenza ha precisato altresì che la condotta della vittima può ritenersi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata e che questi deve comunque attenersi ad un generale principio di cautela ai sensi dell’art. 2 Cost.

 

CASISTICA PER IL DANNO DA COSE IN CUSTODIA

L’art. 2051 c.c. ha trovato applicazioni in giurisprudenza nelle più disparate ipotesi, di cui alcune divenute ricorrenti. Sicché, ad esempio, molteplici sono le controversie che coinvolgono locatore e conduttore per i danni cagionati dalla res locata. Il contratto di locazione, infatti, comporta il trasferimento del bene e quindi anche l’obbligo di custodia del bene locato in capo al conduttore.
La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. può imputarsi tanto al proprietario-locatore quanto al conduttore, anche a seconda della cosa oggetto di custodia. Se infatti il conduttore è responsabile per avere la disponibilità materiale (e giuridica) del bene, dal momento che ha un potere fisico sulla stessa e un potere di impedire danni a terzi in riferimento anche alle parti accessorie, il proprietario rimane custode rispetto a tutte le altre cose sulle quali il conduttore non può intervenire, quali, ad esempio, le murature, i cornicioni, i tetti e gli impianti idraulici (cfr. Sez. Un. civ., 11 novembre 1991, n. 12019).
Altrettanto copiosa è la casistica in tema di Condominio: qualora, infatti, un condomino o un avventore dello stabile subisca un danno per l’effetto della mancata osservanza – in termini di doveri di custodia e sorveglianza – da parte del Condominio su parti di proprietà comune, egli potrà citare in giudizio il Condominio medesimo, in persona dell’Amministratore pro tempore, per i danni subiti; e ancora, qualora un condomino subisca un furto da parte di ladri introdottisi nell’appartamento di un condominio mediante il passaggio su ponteggi o impalcature di un edificio, la giurisprudenza ha affermato la responsabilità del condominio ai sensi dell’art. 2051 c.c. (oltre che dell’impresa appaltatrice ai sensi dell’art. 2043 c.c.), ravvisando l’omessa vigilanza e custodia dell’impalcatura destinata a “servire” l’edificio (cfr. ex multis, Cass. civ., 19 dicembre 2014, n. 26900). Inoltre, gravando sul condominio, come prima si è detto, l’obbligo di controllo e manutenzione delle parti comuni, i giudici della Suprema Corte lo ha ritenuto responsabile per i danni causati da infiltrazioni causati ad un box auto di un condomino, dal momento che le stesse provenivano da parti comuni sovrastanti (cfr. Trib. Roma, 26 aprile 2022, n. 2231). Quanto, infine, ai danni derivanti da infiltrazioni provenienti dal lastrico solare, sussiste la responsabilità del condominio, anche qualora il lastrico sia di proprietà esclusiva di un condomino o comunque quando questi abbia l’uso esclusivo, fermo quanto disposto dall’art. 1126 c.c..

 

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