Il nostro ordinamento pone la distinzione tra successione testamentaria – che ricorre quando il de cuius ha redatto un testamento in cui ha disposto di tutto o parte del proprio patrimonio – e successione legittima – laddove, in caso di mancata redazione del testamento da parte del soggetto defunto quando era ancora in vita, interviene la legge a disciplinare specificatamente i soggetti, nonché i criteri, in favore e in base ai quali i beni del defunto dovranno essere assegnati.
In particolare, in questo ultimo caso, l’art. 565 c.c. dispone che l’eredità venga devoluta secondo un ordine gerarchico e, segnatamente – avuto riguardo all’intensità del vincolo di parentela – in favore del coniuge, del discendenti, degli ascendenti, dei collaterali, degli altri parenti e dello Stato.
LE QUOTE DI EREDITÀ E PRINCIPIO DI PRIORITÀ
Come brevemente anticipato, l’ordine di cui all’art. 565 c.c. si fonda su un criterio di stretta priorità, che garantisce che l’eredità del defunto vada prima ai soggetti a quest’ultimo legati da vincoli di parentela più forte (come coniuge e figli) e successivamente, in assenza di questi ultimi, agli altri parenti.
Quanto alle quote a ciascuno spettanti, a norma dell’art. 581 c.c., quando con il coniuge concorrono figli, il primo ha diritto alla metà dell’eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi. Ancora, al coniuge sono devoluti i due terzi dell’eredità se egli concorre con ascendenti o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri. In quest’ultimo caso la parte residua è devoluta agli ascendenti, ai fratelli e alle sorelle, secondo le disposizioni dell’articolo 571, salvo in ogni caso agli ascendenti il diritto a un quarto della eredità.
Da ultimo, occorre rilevare che, se il soggetto muore senza lasciare prole, genitori, altri ascendenti , fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore dei parenti prossimi, senza distinzione di linea, fermo restando che la successione non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado.
ACCETTAZIONE DELL’EREDITÀ
Tutto quanto sopra premesso, occorre ora precisare che l’accettazione dell’eredità può avvenire per manifestazione espressa o tacita.
Segnatamente, in caso di accettazione espressa, essa dovrà essere manifestata mediante atto pubblico o una scrittura privata; quanto all’accettazione tacita, invece, l’erede pone in essere solitamente c.d. facta concludentia, ovvero atti dai quali è dato sostanzialmente desumere la volontà di accettare l’eredità; nella specie, fatti incompatibili con la volontà di rifiutare (a titolo esemplificativo, basti pensare all’alienazione di beni facenti parte dell’eredità stessa, che solo l’erede – in quanto tale – avrebbe facoltà di cedere a terzi).
In ogni caso, l’erede può avvalersi della possibilità di accettare con beneficio d’inventario, impedendo così la confusione del suo patrimonio con quello del de cuius, di modo che i debiti ereditari vengano pagati nei limiti del valore del patrimonio ereditato. È bene evidenziare che l’accettazione deve avvenire entro e non oltre il termine prescrizionale di dieci anni dalla data del decesso del defunto, sempre che sia stata perfezionata la dichiarazione di successione, adempimento quest’ultimo obbligatorio, che – con una chiara finalità fiscale, essendo indirizzato all’Agenzia delle Entrate – permette di individuare l’asse ereditario, determinando le imposte di successione dovute e identificando i soggetti subentranti. Si badi che la dichiarazione di successione deve essere presentata entro 12 mesi dalla data di apertura della successione, che coincide con la data del decesso del contribuente A norma degli artt. 519 e ss c.c., l’erede può porre in essere un atto espresso di rinuncia all’eredità mediante una dichiarazione ricevuta dal Notaio o dal Cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione. La rinuncia non è sottoposta a termini o condizioni e non può essere limitata solo ad una quota parte dell’eredità medesima; tuttavia, è revocabile entro il termine di dieci anni dalla morte del de cuius, a condizione che un chiamato di grado inferiore non abbia a sua volta accettato.
DIVISIONE EREDITARIA
Orbene, in presenza di più eredi, nonché in assenza di disposizioni testamentarie, la comunione ereditaria si scioglie mediante la c.d. divisione ereditaria, al cui esito il coerede diventa unico titolare della quota di beni a lui assegnata. La divisione può essere contrattuale, laddove venga realizzata sulla base di un accordo tra i coeredi: qualora abbia ad oggetto beni immobili o diritti immobiliari, richiedere necessariamente la forma scritta, l’autenticazione da parte di un notaio, nonché la trascrizione. Può inoltre essere giudiziale, quando – in assenza di uno specifico accordo tra le parti – queste si determinano ad adire l’Autorità Giudiziaria, alla quale è affidato il compito di procedere alla divisione medesima. Si badi che, recentemente, è stata introdotta una forma di divisione giudiziale semplificata, alla quale si può ricorrere quando non vi è contestazione sul diritto alla divisione e sulle quote, è deputata alla competenza di un notaio o avvocato nominato dal Tribunale.
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Foto Agenzia Liverani