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Secondo la consolidata giurisprudenza, l’avvocato è tenuto ad espletare il mandato in conformità al parametro di diligenza previsto dall’art. 1176 comma 2 c.c. che è quello del professionista di media attenzione e preparazione. In particolare, “il professionista “medio”, non corrisponde ad un professionista “mediocre”, ma ad un professionista “bravo”, ovvero sufficientemente preparato, zelante e solerte» (ex multis, Cass. 13777/2018; Cass. 24213/2015, Cass. 10289/2015).
Sul punto, l’art. 26 c. 3 del codice deontologico prevede che “costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita”.
Diversa dalla negligenza è l’imperizia: secondo la giurisprudenza, l’imperizia del difensore è configurabile in caso di ignoranza o violazione di precise disposizioni di legge, oppure risoluzione, in modo errato, di questioni giuridiche prive di margine di opinabilità.
La scelta di una determinata strategia processuale può determinare la responsabilità del professionista, «purché la sua inadeguatezza al raggiungimento del risultato sia valutata (e motivata) dal giudice di merito “ex ante” e non “ex post”, sulla base dell’esito del giudizio» (Cass. 11906/2016; Cass. 23740/2018).

ONERE DELLA PROVA IN CASO DI RESPONSABILITÀ CIVILE DELL’AVVOCATO

In materia di responsabilità professionale dell’avvocato, non è sufficiente allegare il non corretto compimento dell’attività, ma bisogna provare 1) la sussistenza del danno 2) il nesso eziologico tra l’evento lesivo e la condotta negligente (Cass. 10526/2015).
Ossia, è necessario dimostrare che, ove l’avvocato avesse tenuto il comportamento dovuto, l’assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni. E’ una valutazione prognostica circa il probabile esito favorevole del risultato, la cui indagine è riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per eventuali vizi di motivazione (Cass. 6967/2006; Cass. 16846/2005). Il danneggiato deve dimostrare di aver patito un pregiudizio, patrimoniale o non patrimoniale. Con riferimento al primo, una posta di danno che viene in rilievo è il danno da perdita di chance, inteso come la perdita dell’occasione favorevole.
Per parte sua, l’avvocato deve provare di aver osservato le regole dell’arte, ossia di aver svolto la propria prestazione con la diligenza media richiesta dalla legge (art. 1176 c. 2 c.c.).

 

PERDITA DEL DIRITTO AL COMPENSO

L’attività dell’avvocato si considera un’obbligazione di mezzi perché non è tenuto a vincere la causa, ma solo a difendere diligentemente il cliente, pertanto, anche in caso di sconfitta, egli ha diritto di percepire il proprio compenso.
La violazione del dovere di diligenza da parte del professionista costituisce un inadempimento contrattuale da cui consegue, in applicazione del principio di cui all’art. 1460 c.c., la perdita del diritto al compenso.
Secondo granitica giurisprudenza, il legale va considerato totalmente inadempiente se l’inadempimento abbia cagionato la perdita del diritto del suo assistito, rendendo inutile l’attività difensiva sino ad allora svolta; in questo caso la prestazione effettuata risulta improduttiva di effetti in favore del cliente, pertanto non gli è dovuto alcun compenso (Cass. 4781/2013; Cass. 2638/2016; Cass. 24519/2018)
L’inadempimento del professionista viene considerato totale solo allorché l’errore da questi commesso sia definitivo; ossia rappresenti una fonte ultima di danno. Il caso tipico è costituito dalla mancata impugnazione della sentenza con la conseguente perdita del diritto da parte dell’assistito.

 

PRESCRIZIONE DECENNALE

La responsabilità dell’avvocato nei confronti del cliente rientra nella responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., pertanto, il termine di prescrizione è decennale (art. 2946 c.c.). Vi sono due indirizzi giurisprudenziali riguardo il momento in cui inizia a decorrere la prescrizione: secondo un primo indirizzo essa decorre dal compimento dell’atto dannoso, secondo un secondo indirizzo decorre dal momento in cui il cliente ha la consapevolezza del danno.

 

OBBLIGO DELL’ASSICURAZIONE PROFESSIONALE

Dal 15 agosto 2013 è stato imposto l’obbligo di assicurazione per tutte le professioni (DPR 137/2012). La polizza copre la responsabilità civile del legale per tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, causati anche per colpa grave, nello svolgimento della professione.

 

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