Negli ultimi giorni si è sentito molto discutere del referendum abrogativo, a seguito della presentazione alla Consulta di sette quesiti referendari ai fini della valutazione della loro ammissibilità.
Le iniziative referendarie al vaglio della Corte Costituzionale concernono la legalizzazione dell’eutanasia attiva e della cannabis, nonché una serie di riforme relative alla giustizia e alla carriera dei magistrati.
Prima di esaminare le decisioni adottate dal Giudice delle Leggi, occorre analizzare l’istituto del referendum abrogativo.
REFERENDUM ABROGATIVO: COS’È
L’articolo 75 della Costituzione riconosce espressamente la possibilità che 500.000 elettori ovvero cinque Consigli Regionali propongano all’intero corpo elettorale “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge”.
Tra gli atti aventi forza di legge rientrano i decreti-legge e i decreti legislativi. Sono, invece, escluse dall’abrogazione referendaria tutte le c.d. fonti secondarie, quali ad esempio i regolamenti governativi.
Non possono poi essere sottoposte a referendum abrogativo, secondo quanto espressamente disposto dal comma 2 dell’art. 75 Cost., le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto, nonché di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali.
La richiesta referendaria, sottoscritta dagli elettori ovvero dai consigli regionali, dev’essere depositata alla cancelleria dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione entro il 30 settembre di ogni anno, purché non si tratti dell’anno anteriore alla scadenza della Legislatura ovvero nei sei mesi successivi all’insediamento delle nuove camere.
L’Ufficio centrale opera un primo controllo, volto a verificare la conformità della richiesta alla normativa vigente, ad esempio accertando che la raccolta delle sottoscrizioni popolari sia avvenuta in modo legittimo e abbia consentito il raggiungimento dei numeri richiesti.
All’esito del controllo effettuato dall’Ufficio centrale, il referendum viene presentato alla Corte Costituzionale affinché quest’ultima ne vagli l’ammissibilità. Sotto questo profilo, la Consulta ha, a partire dalla storica sentenza n. 16 del 1978, esteso la propria valutazione di ammissibilità, precisando che il controllo operato non è limitato alla sola verifica che la legge sottoposta a referendum non rientri nelle categorie individuate dal citato comma 2 dell’art. 75, bensì ad un più ampio apprezzamento in ordine alla legittimità costituzionale del quesito.
Le richieste referendarie dichiarate ammissibili sono quindi sottoposte al voto dei cittadini, che si terrà indicativamente tra il 15 aprile e il 15 giugno dell’anno successivo rispetto alla presentazione della richiesta. Affinché la votazione sia valida, la Costituzione impone un quorum partecipativo, corrispondente alla maggioranza degli aventi diritto di voto. Se il quorum viene raggiunto, il referendum si intende approvato laddove la proposta di abrogazione ottenga la maggioranza dei voti validamente espressi.
RECENTE GIUDIZIO DI INAMMISSIBILITÀ DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUL REFERENDUM SULL’EUTANASIA LEGALE
Come sopra anticipato, la Consulta si è recentemente espressa sull’ammissibilità o meno di ben sette quesiti referendari sottoposti alla sua attenzione. Tra le questioni che hanno suscitato maggior interesse e fervore nell’opinione pubblica rientra senz’altro la proposta parzialmente abrogativa del testo dell’art. 579 del codice penale, rubricato “omicidio del consenziente”, la quale avrebbe consentito la legittimazione nel nostro ordinamento della c.d. eutanasia attiva.
In data 15 febbraio 2022, la Corte Costituzionale, all’esito della valutazione del quesito, ha ritenuto la sua inammissibilità, in quanto – si legge nel comunicato stampa – “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate nei prossimi giorni e consentiranno di comprendere a pieno il ragionamento seguito dalla Consulta.
Nel frattempo, la decisione ha generato una serie di critiche e contestazioni da parte dell’opinione pubblica e, in particolare, di coloro che si erano fatti promotori del referendum.
Vi è però chi, d’altra parte, non ha mancato di osservare che la materia oggetto di proposta referendaria necessita, in primo luogo, di una attenta e rigorosa disciplina, al momento assente, sicché in mancanza di un intervento del legislatore, l’approvazione del referendum avrebbe condotto sì all’eliminazione di un divieto, ma con l’effetto di lasciare un allarmante vuoto legislativo.
****
Lo Studio rimane a disposizione per qualsiasi chiarimento occorresse.
Per conoscere i servizi che si offrono, di seguito il link alla pagina delle aree di competenza.