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ART. 699 DEL CODICE PENALE E ART. 4 DELLA LEGGE N.110/1975

Il porto abusivo di un coltello può integrare un illecito penale sanzionato rispettivamente dagli artt. 699 c.p. e 4. L. 110/1975.
Nello specifico, l’art. 699 c.p. stabilisce la pena dell’arresto da 3 a 18 mesi per chiunque, senza la licenza dell’autorità, quando la licenza è richiesta, porta un’arma fuori dalla propria abitazione; è punito altresì con l’arresto da 18 mesi a 3 anni chi, fuori della propria abitazione, porta un’arma per cui non è ammessa licenza (es. coltello).
Diversamente, l’art. 4 della legge 110/1975 sancisce che, “senza giustificato motivo, non possono portarsi fuori dalla propria abitazione o dalle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche (….)”, pena l’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da 1.000 a 10.000 Euro.

 

CONCETTO DI ARMA: IL COLTELLO IN PARTICOLARE

Secondo quanto sancito dal Codice Penale, per armi si intendono quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto d’armi in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo, le bombe e qualsiasi macchina o involucro contente materie esplodenti, i gas asfissianti o accecanti (artt. 585, 704 c.p.).
Dal disposto dell’art. 4 comma 2 della legge 110/1975 sopracitato debbono considerarsi armi, sia pure improprie, tutti quegli strumenti, anche non da punta o da taglio, che, in particolari circostanze di tempo e di luogo, possano essere utilizzati per l’offesa alla persona.
La Giurisprudenza ha avuto modo di interrogarsi in diverse occasioni sulla classificazione del coltello quale arma ai sensi dell’art. 4 comma 2 l. 110/1975, ovvero quale arma propria bianca ai sensi dell’art. 699 c.p., per la quale è vietato il porto in modo assoluto e non è ammessa la licenza da parte delle leggi di pubblica sicurezza.
In particolare, è ormai consolidato l’orientamento secondo cui il coltello a serramanico, ossia quel particolare coltello dotato di lama pieghevole nella cavità dell’impugnatura, costituisce uno strumento da punta e/o da taglio, il cui porto ingiustificato, fuori dall’abitazione o dalle relative pertinenze, è sanzionato ai sensi dell’art. 4 l. 110/1975 (ex multis Cass. Pen. 10979/2015; Cass. Pen. 15945/2013; Cass. Pen. 46264/2012).
Viene considerata invece arma propria il coltello a serramanico, detto coltello a molla/a scatto/a scrocco, dotato di congegni che ne consentono la fuoriuscita della lama dal manico, senza necessità di estrazione manuale, e successivo bloccaggio della stessa lama in assetto col manico (ex multis Cass. Pen. 16785/2010; Cass. Pen. 2208/1995).
Tuttavia, il coltello a serramanico o il coltello a scatto non costituiscono necessariamente un’arma propria, essendo altresì necessario che tale arma possieda le caratteristiche tipiche di un pugnale o di uno stiletto, rappresentate dalla presenza di una punta acuta e di una lama a due tagli.
Dunque, il discrimine tra l’arma impropria, il cui possesso al di fuori dell’abitazione è sanzionato ex art. 4 legge 110/1975, e l’arma propria, per cui non è ammessa licenza e il cui porto integra il reato di cui all’art. 699 comma 2 c.p., è costituito dalla presenza delle caratteristiche tipiche delle armi bianche corte, quali, appunto, i pugnali o gli stiletti, e, cioè, la punta acuta e la lama a due tagli (Cass. Pen. n. 19927/2014).

 

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