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Quando si parla di procedimento di mediazione, ormai, non può non tenersi conto delle novità introdotte nel nostro ordinamento per mezzo della Riforma del processo civile – Riforma Cartabia – e, segnatamente, ex D. Lgs. n. 149 e 151 del 2022, in attuazione delle previsioni della legge delega.
Difatti, con L. n. 206/2021, il Parlamento ha conferito delega al Governo “per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata».
Difatti, la suddetta riforma ha introdotto diverse novità in tema, appunto, di mediazione, negoziazione assistita, giudizio di primo grado, impugnazioni, controversie in materia di lavoro, esecuzione forzata, procedimenti speciali, arbitrato.
Quanto alla mediazione, dunque, con la legge di bilancio 2023 (29 dicembre 2022, n. 197), è stata anticipata al 28 febbraio 2023 l’entrata in vigore di alcune modifiche relative ai seguenti aspetti:

  • indipendenza del mediatore (art. 3);
  • derogabilità, su accordo delle parti, della competenza territoriale dell’Organismo di mediazione (art. 3);
  • mediazione in modalità telematica (art. 8-bis); verbale conclusivo della mediazione (art. 11);
  • accordo di conciliazione sottoscritto dalle amministrazioni pubbliche (art. 11 bis);
  • conseguenze processuali della mancata partecipazione al procedimento di mediazione (art. 12 bis).

Le altre novità introdotte dalla riforma Cartabia in tema di mediazione (ampliamento delle materie per le quali è obbligatorio esperire il procedimento di mediazione, abolizione del primo incontro di programmazione “filtro” ecc.) entreranno in vigore a partire dal 30 giugno 2023.
Ci si limita, nel presente contributo, a descrivere tre delle novità che appaiono di particolare interesse.

MEDIAZIONE OBBLIGATORIA: ESTENSIONE DELLE MATERIE

Sostituendo l’art. 5 del D.lgs. 28/2010, il decreto legislativo attuativo della riforma civile, estende il novero delle materie nelle quali la mediazione è obbligatoria, pena l’improcedibilità della domanda.
Dunque – accanto a: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato affitto di aziende, risarcimento del danno da responsabilità medica e sanitaria, diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari – l’attuale elenco prevede l’obbligo, a pena di improcedibilità della domanda, anche per le vertenze in materia di: associazione in partecipazione, consorzio, franchising, contratti d’opera, di rete, di somministrazione, società di persone e subfornitura.

 

OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO

L’art. 7 lett. e del D.Lgs. 149/2022, ha aggiunto alcuni articoli dopo l’art. 5 del D. Lgs. 28/2010, ovvero gli artt. da 5-bis a 5-sexies.
Il nuovo art. 5 bis L. n. 28/2010 stabilisce che, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo spetta a colui che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo proporre la domanda di mediazione.
Il regime successivo, è simile a quello dettato per la generalità dei casi, ossia: alla prima udienza il giudice, oltre a decidere a provvedere sulle istanze di concessione o revoca dell’esecuzione provvisoria, se accerta il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, fissa udienza successiva entro la quale deve essere esperito, allo scadere del termine di cui all’art. 6 del medesimo decreto.
Dunque, l’inerzia nel proporre la domanda di mediazione è sanzionata con l’improcedibilità della domanda, sicché, se all’udienza fissata il tentativo di mediazione non è stato esperito, il giudice dichiara l’improcedibilità della domanda giudiziale proposta per l’ottenimento del decreto, revoca il decreto opposto e provvede sulle spese.
La norma, fa quindi proprio il principio di diritto espresso in via giurisprudenziale dalle Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 19596/2020, laddove gli Ermellini sono intervenuti a dirimere il contrasto giurisprudenziale esistente tra le sezioni civili semplici relativo all’individuazione della parte processuale tenuta a instaurare la procedura di mediazione obbligatoria in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Secondo un precedente orientamento (Cass. civ., n. 24629/2015), oggi superato a mezzo della citata pronuncia, gravava sul debitore opponente l’onere processuale di proporre istanza di mediazione, in quanto parte interessata all’instaurazione di un processo ordinario di cognizione. La conseguenza era che, in caso di mancata opposizione, il decreto ingiuntivo notificato avrebbe acquisito esecutorietà e il passaggio in cosa giudicata.
La Suprema Corte, investita della quaestio iuris dalla Terza Sezione (cfr. ordinanza interlocutoria n. 18741 del 12 luglio 2019) si è discostata dalla tesi condivisa (Cass. civ., n. 24629/2015) e ha affermato che: “nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.

 

MEDIAZIONE ATTIVATA DAL GIUDICE

L’art. 5-quater del D. Lgs. 28/2010, si pone in un’ottica di valorizzazione e incentivazione della mediazione demandata dal giudice.
Si conferma il potere del giudice, anche in sede di appello, di attivare, con ordinanza motivata, nella quale dare conto delle circostanze valutate – quali, la natura della causa, lo stato dell’istruzione, il comportamento delle parti e ogni altra circostanza – un procedimento di mediazione fino alla precisazione delle conclusioni; la mediazione demandata dal giudice diventa condizione di procedibilità della domanda giudiziale e si applica, quindi, il regime dettato dall’art. 5.

 

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Lo Studio rimane a disposizione per qualsiasi chiarimento occorresse.
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