I consociati, nell’ambito della loro autonomia privata, hanno il potere di decidere della loro sfera giuridica personale e patrimoniale, intesa quale diritto di libertà fondamentale della persona. L’autonomia privata tuttavia incontra precisi limiti dettati dalla legge, così come disposto dall’art. 1322 c.c., il quale prescrive altresì limiti interni, intesi come facoltà – per le parti – di concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento. Tanto premesso, in ambito contrattuale, l’invalidità del contratto si identifica quale irregolarità giuridica del negozio che comporta in alternativa la mancata produzione degli effetti del contratto (nullità) o la possibilità di una loro rimozione (annullabilità). In particolare un contratto è nullo quando, per la mancanza o la grave anomalia nei suoi elementi essenziali, non produce affatto gli effetti tipici perseguiti dalle parti; viceversa, un contratto è annullabile quando affetto da vizi nei suoi elementi essenziali che tuttavia non ne producono l’inefficacia.

CAUSE E EFFETTI DELLA NULLITÀ

Ai sensi dell’art. 1418 c.c., il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative (ovvero norme non derogabili dalle parti, poste a tutela di un interesse pubblico generale), quando manca di uno dei suoi elementi essenziali (forma, laddove prescritta dalla legge, oggetto, causa e accordo), quando la causa è illecita o sono illeciti i motivi ovvero quando l’oggetto del negozio non è possibile, lecito, determinato o determinabile.
Al principio di conservazione del contratto sono riferibili le norme in tema di nullità parziale e di conversione del contratto nullo: in particolare, in caso di nullità parziale soggettiva (che colpisce il vincolo di una delle parti), essa non determinerà la nullità dell’intero contratto, salvo che la partecipazione di essa debba considerarsi essenziale; allo stesso tempo una nullità parziale oggettiva, afferente ossia ad una parte del contratto o a singole clausole, non determina la caducazione dell’intero accordo laddove risulti che i contraenti lo avrebbero concluso anche senza quella parte eliminata ovvero quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative. Il contratto nullo non può essere convalidato per volontà delle parti; parimenti, l’esecuzione spontanea dello stesso non ne sana la nullità.

 

CAUSE E EFFETTI DELL’ANNULLABILITÀ

L’annullabilità, come anticipato, è una forma di invalidità che assoggetta il contratto alla sanzione dell’inefficacia solo a seguito di pronuncia dell’autorità giudiziaria: in altre parole, a differenza del contratto nullo (che è di per sé inefficace), il contratto affetto da annullabilità è provvisoriamente produttivo di effetti, ma è suscettibile di essere reso inefficace a seguito di sentenza. Il contratto è annullabile se uno dei contraenti era – al momento della stipulazione – incapace legale ovvero naturale. Inoltre, è tale laddove rilevi un vizio del consenso: in particolare, la volontà che abbia mosso le parti ad addivenire alla conclusione del negozio deve essersi formata liberamente, e deve essere immune da errori, dolo o violenza. Laddove ricorrano, tuttavia, queste tre figure il contratto sarà annullabile. In particolare, l’errore è causa di annullamento del contratto quando è essenziale (ovvero quando cade sulla natura o sull’oggetto del contratto, sull’identità dell’oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso; e ancora, quando cade sull’identità o sulle qualità della persona dell’altro contraente, sempre che l’una o le altre siano state determinanti del consenso; e infine: quando, trattandosi di errore di diritto, è stata la ragione unica o principale del contratto) ed è riconoscibile dall’altro contraente (ovvero quando una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo, a tutela dell’affidamento e della buona fede dei contraenti). La violenza, invece, quale vizio del consenso consiste nella minaccia che abbia costretto il contraente a stipulare un contratto non voluto, o a condizioni diverse da quelle sperate. Da ultimi, il dolo è ravvisabile in qualunque forma di artificio o raggiro che abbia alterato la volontà della vittima contraente.

 

AZIONI DI NULLITÀ E ANNULLAMENTO

L’azione di nullità si qualifica come azione di accertamento, in quanto volta ad acclarare una situazione di fatto già creatasi, quale la nullità: il contratto, invero, è inefficace ab origine, e la sentenza emessa a seguito di giudizio ha natura meramente dichiarativa. La nullità, inoltre, ha carattere generale e assoluto, nel senso che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, salva la dimostrazione del concreto interesse ad agire; inoltre, la relativa azione è imprescrittibile. La nullità peraltro è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, salvo il limite di intangibilità del giudicato (nel senso che, se in primo grado viene dichiarata la validità del contratto e la sentenza, per questo capo, non viene impugnata in appello, il giudicato interno ne impedisce il riesame). La domanda di annullamento tende invece alla rimozione giudiziale del contratto e la sentenza ha natura costitutiva, giacché – come si è detto – elimina con efficacia ex tunc gli effetti del contratto medesimo, che tuttavia, fino alla pronuncia, ne conserva gli effetti. Contrariamente all’azione di nullità, l’azione di annullamento può essere proposta solo dalla parte nel cui interesse è sancita l’invalidità ed è soggetta a prescrizione quinquennale.

 

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Foto Agenzia Liverani