E’ notorio come un condomino possa aprire un esercizio commerciale presso un ente condominiale,
ove tale possibilità non sia preclusa dal regolamento condominiale.
Tuttavia, l’esercizio commerciale a contatto con il pubblico che si occupi di ristorazione deve predisporre l’attività a norma di legge, garantendo dunque il corretto smaltimento dei fumi che genera. Per tale motivo, la granitica giurisprudenza di merito e di legittimità, ritiene di poter annoverare l’installazione canna fumaria sul muro perimetrale di un edificio tre le attività lecite rientrante nell’uso della cosa comune, previste dall’art. 1102 del codice civile.
Enucleando quindi l’installazione della canna fumaria tra le casistiche di miglior uso della cosa comune, non è necessaria una preventiva approvazione da parte dell’assemblea condominiale.
Il miglior uso disciplinato dall’art. 1102 c.c. della cosa comune da parte del comproprietario-condomino è da ritenersi lecito allorquando l’uso della parte in comproprietà dei condomini:
- non alteri la naturale destinazione del bene;
- non impedisca agli altri comproprietari di farne parimenti uso secondo il loro diritto;
- non pregiudichi la stabilità ed il decoro architettonico dell’edificio;
- non arrechi danno alle singole proprietà esclusive.
Oltre alla normativa dettata dal codice civile, l’installazione della canna fumaria deve rispettare i regolamenti edilizi comunali e – ove sussistenti – clausole ad hoc previste nel regolamento del condominio.
NATURALE DESTINAZIONE DELLA COSA COMUNE E DECORO ARCHITETTONICO PER INSTALLAZIONE CANNA FUMARIA
A sostegno di quanto sopra, si evidenzia come recente giurisprudenza di merito capitolina abbia ribadito come tra le funzioni che il muro perimetrale per sua natura svolge, c’è anche quella di consentire l’appoggio di targhe, travi, canne fumarie e simili. Secondo i giuridici di merito quindi, il muro condominiale ha dunque – per sua conformazione – la finalità tipica di sostenere l’installazione, con la conseguenza che l’intervento non alteri la naturale e precipua destinazione di sostegno dell’edificio, ma anzi costituisce un normale esercizio del diritto di usare la cosa comune, purché non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio e non ne alteri il decoro architettonico (Tribunale di Roma, Sez. V Civile, sentenza n. 10079/2020).
Con specifico riferimento invece al decoro architettonico, si deve premettere come il termine consista nell’armonica fisionomia delle linee estetiche e delle strutture che connotano il fabbricato; l’alterazione è vietata solo quando compromette la generale armonia dell’aspetto dell’edificio o quando comporta una diminuzione della sua funzionalità o del suo valore economico.
Tuttavia, in via generale, la giurisprudenza di oltre un ventennio si è sempre espressa positivamente con riferimento all’installazione della canna fumaria, ritenendo che la medesima non violi il decoro architettonico e, nel contempo, non modifichi la destinazione d’uso del muro perimetrale, non costituendo dunque una innovazione contemplata dall’art.1120 c.c., ma semplicemente una modifica prevista dall’art.1102 c.c. (Sent. Corte Cass. n. 6341/2000).
DISTANZE MINIME DA RISPETTARE PER INSTALLAZIONE CANNA FUMARIA
In applicazione dell’art. 906 cc, che disciplina le distanze per l’apertura di vedute laterali od oblique, la distanza legale per la collocazione di una canna fumaria sul muro perimetrale comune non può essere inferiore a 75 centimetri dai più vicini sporti dei balconi di proprietà esclusiva degli altri condomini. Il regolamento edilizio comunale disciplina le eventuali distanze minime che devono intercorrere tra la canna fumaria e l’edificio. In mancanza di una precisa disposizione del regolamento edilizio comunale, l’art. 890 cc. – che disciplina le distanze per gli impianti considerati potenzialmente “pericolosi”- prevede che vadano osservate le distanze “necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza”.
È evidente come la norma sopra riportata, secondo la giurisprudenza di legittimità “preveda una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima; mentre, in difetto di una disposizione regolamentare, si ha pur sempre una presunzione di pericolosità, seppure relativa, che può essere superata ove la parte interessata al mantenimento del manufatto dimostri che mediante opportuni accorgimenti può ovviarsi al pericolo o al danno del fondo vicino” (Sent. Corte Cass. n. 13449 del 30 giugno 2016).
Si noti come, secondo una recente pronuncia del Tribunale di Roma, la canna fumaria non rappresenti una “costruzione” cui possa applicarsi la normativa civilistica sulle distanze dalle vedute, costituendo, piuttosto, «un semplice accessorio di un impianto». La medesima pronuncia ha poi chiarito come il condominio non sia legittimato a far valere pregiudizi concernenti il godimento delle proprietà esclusive e la sfera giuridica individuale dei singoli condomini, essendo solo un ente di gestione delle parte comuni; in altre parole, possono agire in giudizio sulla questione i singoli proprietari asseritamente lesi (Sent. Trib. Roma n. 10079/2020).
FUMI E ESALAZIONI CANNA FUMARIA
La realizzazione della canna fumaria in conformità delle disposizioni di legge e delle regole dell’arte (con la dovuta altezza), non dovrebbe determinare l’inconveniente relativo al disturbo per immissioni, ed esalazioni oltre la normale tollerabilità.
Tuttavia, ove tale possibilità sia ritenuta sussistente, sarà possibile ricorrere all’Autorità Giudiziaria, al fine di richiedere al Giudice di verificare la sussistenza delle lamentate esalazioni ai sensi e per gli effetti dell’art. 844 c.c.
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Foto Agenzia Liverani