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Una recente sentenza del G.U.P. di Milano rischia di diventare un punto di svolta in tema di dichiarazioni false rese nell’autocertificazione richiesta dalle forze dell’ordine in virtù delle limitazioni di spostamento imposte dal Governo.
Il Giudice dell’Udienza Preliminare, infatti, ha assolto con formula “perché il fatto non sussiste” l’imputato mandato a processo per il reato di falso ideologico (costui in periodo di lockdown aveva mentito nell’autocertificazione esibita alla polizia riferendo di tornare a casa dopo essersi recato sul posto di lavoro, quando invece godeva di un turno di riposo e, pertanto, non gli era consentito uscire dall’abitazione).
Prima di comprendere le ragioni sottese alla pronuncia del G.U.P. di Milano, occorre anzitutto soffermarsi sui reati di falso.

REATI DI FALSO

I reati di falso sono anzitutto inclusi nel Libro II, Titolo VII del codice penale, che disciplina i delitti contro la fede pubblica.
A seguito della depenalizzazione del falso in scrittura privata, i delitti in esame hanno una portata limitata agli atti con rilevanza pubblica.
È possibile raggruppare i reati di falso in due “macro-categorie”: la contraffazione o alterazione di un documento autentico (falso materiale) e l’attestazione in un documento di fatti non rispondenti alla realtà (falso ideologico).
Nel dettaglio, i reati di falso sono:

  • Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 476 c.p.);
  • Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative (art. 477 c.p.);
  • Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti (art. 478 c.p.);
  • Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.);
  • Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative (art. 480 c.p.);
  • Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità (art. 481 c.p.);
  • Falsità materiale commessa dal privato (art. 482 c.p., che estende la falsità materiale di cui agli artt. 476, 477 e 478 c.p. al privato, con riduzione di 1/3 della pena);
  • Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.);
  • Falsità in foglio firmato in bianco. Atto pubblico (art. 487 c.p.);
  • Uso di atto falso (art. 489 c.p.);
  • Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 495 c.p.);
  • False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 496 c.p.).

 

FALSO MATERIALE IN ATTO PUBBLICO

La falsità materiale in atto pubblico costituisce uno dei più diffusi reati di falso, attesa la nozione – piuttosto ampia – di atto pubblico.
Come si è avuto modo di comprendere dall’elencazione di cui sopra, il falso materiale in atto pubblico è punito sia quando viene commesso dal pubblico ufficiale che dal privato (con riduzione di 1/3 per quest’ultimo).
Il reato in esame viene integrato quando il soggetto agente “forma, in tutto o in parte, un atto falso, o altera un atto vero” (elemento oggettivo) con piena volontà e coscienza di formare un atto falso (elemento soggettivo del dolo generico).
È stato precisato dalla Suprema Corte che “il concetto di atto pubblico è, agli effetti della tutela penale, più ampio di quello desumibile dall’art. 2699 c.c., dovendo rientrare in detta nozione non soltanto i documenti redatti da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, ma anche quelli formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato, nell’esercizio delle loro funzioni, per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, purché aventi l’attitudine ad assumere rilevanza giuridica e/o valore probatorio interno alla pubblica amministrazione” (Cass. pen. sez. V, 17/12/2018, n.3542).
L’art. 476 c.p. punisce il pubblico ufficiale che commette il reato con una pena da 1 a 6 anni di reclusione (ridotta di 1/3, come detto, in favore del privato attesa la minor gravità della posizione da questi rivestita).

 

FALSO IDEOLOGICO (ANCHE NELL’AUTOCERTIFICAZIONE COVID)

Il falso ideologico è costituito dalle dichiarazioni mendaci in atto pubblico (dunque, l’aspetto “materiale” del documento mantiene la genuinità originaria).
Anche in questo caso, l’elemento psicologico del reato è integrato dal dolo generico e la nozione di atto pubblico abbraccia, come per il falso materiale, tutti atti formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato nell’esercizio delle funzioni.
In merito alla pronuncia del G.U.P. di Milano, veniva contestato il reato di cui all’art. 483 c.p. (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico). L’imputato veniva assolto dal Giudice per due ordini di ragioni:

  1. L’obbligo di dire la verità nell’autocertificazione non è previsto da alcuna norma di legge, non essendo estendibile a detto documento la concezione di “atto pubblico”, considerando a maggior ragione la fonte amministrativa (DPCM) dell’obbligo di spostarsi provvisti di autocertificazione: venendo meno la pubblicità dell’atto dunque, il bene giuridico tutelato dalla norma di cui all’art. 483 c.p. non viene leso e, conseguentemente, difetta l’elemento materiale del reato.
  2. In secundis, il G.U.P. precisava che, anche assumendo l’esistenza di una norma che conferisse natura di atto pubblico all’autocertificazione, l’obbligo di dire la verità sarebbe in palese contrasto con il diritto costituzionale di difesa del singolo.

Tanto premesso, si comprende come la sentenza del giudice di Milano, prima in Italia in questo senso, possa costituire un precedente in grado di minare la rilevanza penale delle false autocertificazioni (a cui può sempre conseguire la normale sanzione amministrativa comminata per chi viola le restrizioni).

 

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