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I doveri fondamentali che gravano sui genitori nei confronti dei figli sono indicati all’art. 147 c.c., che recita :‘‘il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’art. 315 bis c.c.’’. L’art. 30 Cost., poi, estende tali obblighi ai casi di filiazione extramatrimoniale (‘‘è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche nati fuori dal matrimonio’’) in quanto è dall’esistenza del solo rapporto di filiazione e non dalla sussistenza del vincolo matrimoniale fra i genitori, che scaturiscono gli obblighi accennati, ed ai casi di filiazione adottiva.
La giurisprudenza di legittimità, qualificando il diritto al mantenimento non come mero diritto di contenuto patrimoniale ma come diritto fondamentale della persona costituzionalmente garantito, ha riconosciuto al figlio il diritto al risarcimento, per il fatto in sé della lesione e a prescindere dalla sussistenza di conseguenze negative patrimoniali, per il danno arrecatogli dalla condotta del genitore, obbligato al suo mantenimento, che per lunghi anni non gli aveva erogato i mezzi di sussistenza e che pur aveva in seguito versato le somme arretrate (Cass. n. 7713/2000).
Si è inoltre affermato che l’obbligo imposto dall’art. 147 c.c. ad entrambi i coniugi di mantenere, istruire ed educare la prole riverbera nei rapporti esterni, con la conseguenza che, in ipotesi di obbligazioni derivanti dal soddisfacimento di esigenze primarie della famiglia, quali, in particolare, la cura della salute del figlio minore, si deve riconoscere in capo a ciascun coniuge il potere, in virtù di un mandato tacito, di compiere gli atti occorrenti e di assumere le relative obbligazioni con effetti vincolanti per entrambi (Cass. n.12021/2002).
Inoltre nell’ambito dei rapporti economici genitoriali, l’obbligo di mantenimento, può estendersi agli ascendenti, avuto riguardo a situazioni in cui i genitori ‘‘non possono o non vogliono’’ provvedere ad un adeguato mantenimento della prole (Trib. Genova 28.10.2009).
La disposizione applicata nella decisione genovese è quella dell’art. 148 c.c. che disciplina l’obbligo primario di mantenimento dei figli minori da parte di entrambe i genitori, relazionandolo a quello sussidiario degli ascendenti ‘‘quando i genitori non hanno mezzi sufficienti’’.
Si aggiunga che, la Suprema Corte, poi, ha ritenuto che il comportamento dei genitori che sia inconciliabile con i diritti-doveri loro imposti all’art. 147 c.c. è sufficiente a realizzare lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità del minore, essendo irrilevante l’inesistenza da parte dei genitori della precisa volontà di abbandonare il figlio (Cass. n. 10809/1999). Di conseguenza, ai fini dell’accertamento dello stato di abbandono, rilevano anche le anomalie della personalità dei genitori che si traducano in incapacità di allevare ed educare i figli tali da produrre danni irreversibili allo sviluppo e all’equilibrio psico-fisico del minore (Cass. n. 9576/1996).
Il figlio ha diritto, quindi, al mantenimento da parte dei genitori, ma anche a quell’assistenza morale e a quegli insegnamenti che gli consentano di sviluppare la propria personalità il più possibile in armonia con le proprie inclinazioni ed aspirazioni.

DOVERE DI MANTENIMENTO E LA MAGGIORE ETÀ 

L’obbligo di mantenere costituisce l’aspetto patrimoniale dei doveri di natura personale di istruire, educare, prendersi cura della persona del figlio. Tale obbligo non viene meno al compimento della maggiore età, ma prosegue e permane anche nei confronti del figlio maggiorenne, per consentirgli di acquisire quella preparazione culturale e sociale che gli consenta di divenire produttivo e maturo per una propria autonoma esistenza e per raggiungere la propria autonomia economica pertanto ‘‘permane l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli maggiorenni, fino a che questi non abbiano raggiunto l’indipendenza economica’’ (Trib. Vasto n. 19/2021).
In ogni caso va sottolineato che l’art. 337 septies c.c., prevede che il Giudice, valutate le circostanze, può disporre a carico del genitore e a favore dei figli maggiorenni ma non ancora economicamente autosufficienti, il pagamento di un assegno periodico a titolo di contributo al mantenimento.
Tale disposizione fa sorgere, tuttavia, nei genitori la domanda sul se e fino a quando perduri l’obbligo di mantenimento in capo agli stessi e quali siano i limiti che possono determinarne la revoca. É proprio su questo importante quesito, la Suprema Corte ha statuito che “la cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa nonché, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età” (Cass. n. 22240/2021).
La giurisprudenza di merito, inoltre, ha ribadito che ‘‘per poter escludere il contributo al mantenimento a favore dei figli non ancora autosufficienti devono aversi a riguardo una serie di circostanza tra cui l’età del figlio e l’approccio al mondo del lavoro, anche se transitorio’’ (Trib. Torino n. 3104/2021).
Da tali pronunce si evince, pertanto, che se il diritto al mantenimento della prole, a carico dei genitori, non può essere sine die, ossia essere senza limiti temporali, esso non cessa automaticamente una volta raggiunta la maggiore età ma con il solo e provato raggiungimento dell’indipendenza economica. Per questa ragione i Tribunali investiti delle questioni devono valutare caso per caso tutte le circostanze che stanno alla base della richiesta avanzata da parte dei genitori senza escludere aprioristicamente un obbligo a capo di ciascuno di essi per la sola raggiunta maggiore età.

 

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