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Quando si parla di danno da perdita parentale ci si riferisce ad una forma di danno non patrimoniale – di conio giurisprudenziale – che ricorre laddove un soggetto perda un familiare a causa di eventi quali, ad esempio, malasanità o incidenti stradali. Tale voce, abbracciando conseguenze psicologiche e relazionali con un impatto significativo sulla vita del soggetto che la invoca, comprende vari aspetti, tra i quali il dolore e la sofferenza psicologica, il lutto, la privazione dell’affetto, nonché – fra tutti – la perdita del legame affettivo. Negli ultimi tempi, la giurisprudenza si è sovente interrogata se tale tipologia di danno – qualora provata – possa essere riconosciuta anche in favore di soggetti che, seppur non legati da vincoli di parentela di sangue con la persona deceduta, abbiano comunque con quest’ultima un rapporto affettivo di varia natura. Sul punto, a comporre i vari contrasti negli anni fronteggiatisi, è intervenuta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5984 del 6 marzo 2025.

VICENDA RELATIVA AL DANNO DA PERDITA PARENTALE IN ASSENZA DI VINCOLI DI PARENTELA

La vicenda giudiziaria trae origine da un incidente che aveva visto coinvolta una bambina di quattro anni che, nell’occasione, aveva perso tragicamente la vita. Il compagno della madre, che con quest’ultima non conviveva né era il padre biologico della bimba, aveva tuttavia ricoperto negli anni il ruolo sostanziale di figura paterna sostitutiva; dunque, era stata adita la competente Autorità Giudiziaria, affinché gli venisse riconosciuto il danno da perdita del rapporto parentale. La Corte d’Appello di Trento ne aveva riconosciuto il diritto al risarcimento, liquidando in suo favore addirittura la stessa somma liquidata alla madre, ritenendo inequivocabile il rapporto intercorso tra l’uomo e la bambina, avendo egli assunto il ruolo di padre vicario, in sostituzione del genitore biologico della bambina, del tutto eclissatosi dalla breve esistenza della figlia.
L’Ufficio Centrale Italiano – chiamato in causa dal momento che il soggetto alla guida dell’automobile che aveva investito la piccola era tedesco e la macchina risultava immatricolata in Germania – aveva proposto Ricorso per Cassazione avverso la decisione, adducendo che non vi fossero, nella specie, i presupposti previsti ex lege per riconoscere il danno parentale all’uomo, giacché l’assenza di convivenza e la mancanza di prova in ordine all’effettivo ruolo genitoriale ricoperto avrebbero dovuto escludere in radice il diritto al risarcimento, invece riconosciutogli dalla Corte di secondo grado.

 

SOLUZIONE FORNITA DALLA CORTE DI CASSAZIONE

La Corte di legittimità adita ha dapprima chiarito che il rapporto di convivenza (non esistente nel caso di specie), pur costituendo elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità del rapporto eventualmente intercorrente tra ricorrente e vittima, non assurge a connotato minimo di esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà, escludendoli automaticamente in caso di sua mancanza, ma deve esserci comunque una incidenza sull’intimità della relazione, sul reciproco legame affettivo e sulla pratica della solidarietà (cfr. Cassazione civile sez. III, 15/11/2023, n.31867). Tanto premesso, i giudici di legittimità – ponendosi sul solco della giurisprudenza affermatasi negli anni immediatamente antecedenti – hanno concluso affermando che il vincolo di sangue non è un elemento imprescindibile ai fini del riconoscimento del danno da lesione del rapporto parentale, dovendo esso essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini, e che infonda nel danneggiato quel sentimento di protezione e di sicurezza insito nel rapporto padre figlio.

 

DANNO DA PERDITA PARENTALE IN ASSENZA DI VINCOLI DI PARENTELA

La citata pronuncia ben evidenzia l’orientamento in virtù del quale è possibile, oggi, abbracciare un’interpretazione più ampia del concetto di danno da perdita del rapporto parentale, che non sia strettamente confinato a vincoli di sangue, che il più delle volte poco dicono sui reali vincoli affettivi esistenti tra soggetti che si trovano a condividere la quotidianità, spesso anche in assenza di legami parentali, come avvenuto nel caso di specie. D’altronde, risulta del tutto coerente il principio in base al quale il risarcimento non può essere negato a chi, pur non essendo parente di sangue, abbia effettivamente condiviso con la vittima un rapporto di affetto, sostegno e cura, del tutto assimilabile a quello intercorrente tra familiari. Di talché, la decisione – seppur a conferma di un già affermato orientamento – rappresenta senz’altro importante, dal momento che – ribadendo quanto in tempi recenti già affermato – ha consacrato e consolidato la possibilità di riconoscere tale voce di risarcimento a figure genitoriali di fatto, la cui presenza è ultimamente sempre più ricorrente nelle famiglie allargate, specialmente in presenza di genitori separati che costruiscono un nuovo nucleo con compagni diversi che, spesso, in caso di scarsa presenza del genitore non collocatario, ne fanno a tutti gli effetti le veci, anche da un punto di vista economico, oltre che – ovviamente – affettivo.

 

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Foto Agenzia Liverani