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NORMA DEL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO

L’art. 110 del Codice Penale stabilisce che quando più soggetti concorrono nel medesimo reato, ciascuno di essi soggiace alla pena per questo stabilita.
È importante precisare che il comportamento punito si ricollega ad un fatto tipico di reato, il quale sarebbe già pienamente integrato dalla condotta dell’autore principale.
Per potersi dire integrato il concorso di persone nel reato è necessario che ricorrano quattro requisiti, ovverosia la pluralità di soggetti agenti, la realizzazione del fatto di reato, il contributo concorsuale e il requisito soggettivo.
È dunque necessario che vi siano due o più soggetti che compiano un reato, pur non essendo necessario un previo accordo e non rilevando, se non in fase di commisurazione della pena, l’effettivo contributo prestato da ogni soggetto: è sufficiente che vi sia un contributo diretto comune alla realizzazione del reato.
Tale contributo può manifestarsi sia in fase di partecipazione alla preparazione e all’esecuzione della condotta criminosa (concorso materiale), sia semplicemente alla fase ideativa del reato (concorso morale).
Da ultimo la norma in esame richiede che sia presente l’elemento soggettivo, ossia la volontà di cooperare nel reato. Un soggetto può dirsi responsabile di concorso materiale o morale nel reato, solamente nel caso in cui vi sia la coscienza e la volontà del fatto criminoso, seguita dalla consapevolezza di concorrere con altri nella realizzazione del reato (Cass. Pen. 40248/2012).

 

CONDOTTE NON PUNIBILI: TENTATIVO DI CONCORSO E MERA CONNIVENZA O ASSISTENZA PASSIVA

Posto che risulta necessario accertare l’elemento soggettivo, identificato nel dolo di partecipazione o dolo di concorso, consistente nella consapevolezza di cooperare con altri alla realizzazione del reato, non è punibile il tentativo di concorso: ciò significa che un soggetto, che stipula un mero accordo finalizzato a porre in essere una condotta criminosa, e altresì istighi a compiere un reato, che poi non si realizza, non è punibile.
È inoltre necessario che vi sia la consapevolezza del ruolo rivestito da ogni partecipante alla condotta criminosa e che vi sia la volontà di fornire un contributo causale, come anzidetto, alla realizzazione complessiva del reato.
Non risulta di contro punibile la mera connivenza: in questo caso si tratta della condotta di un soggetto che assiste passivamente al compimento del reato, senza fornire alcun contributo causale alla realizzazione dello stesso.
E così la Corte di Cassazione penale ha stabilito che la connivenza non punibile postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, di cui pur si conosca la sussistenza, mentre il concorso di persone nel reato richiede un contributo partecipativo positivo all’altrui condotta criminosa (Cass. Pen. 25310/19, Cass. Pen. n. 41055/15, Cass. Pen. n. 2805/13, Cass. Pen. 4055/2013, Cass. Pen. 14606/2010).
E così quindi il soggetto che sia presente sul luogo di consumazione del reato potrebbe essere sia punito ex art. 110 c.p., che ritenuto non punibile per mera connivenza: per valutare la punibilità o meno del soggetto è necessario valutare il contributo che la sua assistenza fornisce all’autore materiale del reato.
Si tratterà dunque di concorso quando la presenza di un’altra persona sul luogo del reato, permette una esecuzione dello stesso più agevole o comunque meno rischiosa, contribuendo alla realizzazione del progetto criminoso (es. “palo” in una rapina, nello spaccio, ecc. …).
Il concorso infatti, come anche ampiamente affermato dalla giurisprudenza esige un contributo causale in termini, sia pur minimi, di facilitazione della condotta (Cass. pen. 3924/1998, Cass. Pen. 9930/1994, Cass pen. 11383/1994).

 

ONERE DELLA PROVA DEL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO

Come ampiamente spiegato, l’elemento soggettivo richiesto in capo al soggetto che concorre nella realizzazione della fattispecie delittuosa consiste nella consapevole rappresentazione e nella volontà di cooperare con soggetti terzi alla comune realizzazione della condotta delittuosa.
Tale volontà deve essere motivata dal Giudice: la Corte di Cassazione Penale stabilisce infatti che “la circostanza che il contributo causale del concorrente possa manifestarsi attraverso forme differenziate ed atipiche della condotta criminosa, non esime il giudice di merito dall’obbligo di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 c.p., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà (Cass. Sez. Unite n. 45276/2003, Cass. Pen. n. 5631/2008).

 

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