IL DISEGNO DI LEGGE N. 735/2018
Il 1° agosto 2018 è stato presentato il disegno di legge n. 735 che, in aperto contrasto con il sistema tuttora vigente in materia di affido condiviso dei figli – definito espressamente un “fallimento” – si è proposto, quale obiettivo primario, quello di rendere omogenea la frequentazione del minore con ciascun genitore imponendo, anzitutto, modalità di visita tra genitori e figli secondo tempi assolutamente paritari[1]: l’art. 11 del testo stabilisce infatti che deve essere garantito al minore il diritto di trascorrere con ciascun genitore almeno dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti[2]. Tuttavia, l’obiettivo prefissato va con ogni buona probabilità a perdersi: questa previsione risulta difatti essere l’escamotage per non modificare affatto il sistema attuale, dal momento che entrambi i genitori, oggigiorno, lavorano solitamente con la formula “full time” e sono quindi spesso “indisponibili” ad essere presenti come se non ci fosse mai stata la separazione; in questo modo, il minore, diverrebbe oltretutto un “pacchetto postale” che si sposta a seconda delle esigenze dei propri genitori, minando la sua stabilità.
ABOLIZIONE DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Dalla suddivisione del tempo paritario genitori/figli discende poi l’abolizione dell’istituto dell’assegno di contributo al mantenimento per il minore. Infatti, se ciascun genitore trascorre il medesimo periodo di tempo con il figlio, egli provvede direttamente ai bisogni ordinari della prole senza necessità di corrispondere all’altro genitore alcunché. Anche tale principio parrebbe però utopistico, in quanto, nella prassi, vi è sempre uno dei due genitori in netta inferiorità economica rispetto all’altro, che non potrà quindi garantire alla prole il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio/convivenza. Il minore, oltretutto, potrebbe paradossalmente vivere in condizioni di disagio economico per un certo periodo e in condizioni estremamente agiate per l’altro[3], a discapito anche della sua stabilità psichica.
ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE
L’art. 11, da ultimo, statuisce che il minore abbia il doppio domicilio presso l’abitazione di ciascun genitore, eliminando l’istituto automatico dell’assegnazione della casa familiare. Anche qui vi è però un’applicazione di quest’ultima “ove necessario” e, perciò, in via residuale, salvo l’obbligo per il genitore assegnatario di corrispondere all’altro un indennizzo pari al canone di locazione.
In conclusione, il disegno di legge propone degli spunti di pregio da tenere in considerazione, inglobati però in una normativa che rischia di essere disapplicata e fuorviata dal contesto sociale e dalle esigenze genitoriali.
Milano, lì 19 marzo 2019
[1] Il Disegno punta ad eliminare la distinzione tra genitore collocatario e genitore non collocatario, facendo in modo di superare il retaggio di una concezione di gestione del rapporto genitoriale che ha sempre visto prevalere uno dei due genitori, al netto di un affido condiviso introdotto sì nel 2006, ma sempre applicato in via residuale.
[2] 12 giorni al mese si sostanziano in 3 giorni alla settimana con almeno un pernottamento, in luogo dei “canonici” 8 giorni concordati generalmente per prassi al genitore non collocatario (week end alternati ed un giorno infrasettimanale). Tale diritto del minore viene reso inderogabile, salva una serie di eventi tassativamente indicati nell’articolo tra cui “l’indisponibilità di un genitore”.
[3] In questo caso, però, viene disposta una deroga dall’art. 11, che concede al Giudice la facoltà di stabilire, “ove strettamente necessario, la corresponsione a carico di uno dei due genitori di un assegno periodico in favore dell’altro a titolo di contributo per il mantenimento del figlio”, corredato dalle iniziative che devono essere intraprese per raggiungere il mantenimento diretto della prole. Se però queste non vengono assunte, l’assegno permarrebbe e il proponendo istituto della contribuzione diretta verrebbe quindi reso vano.