Nel panorama giuridico italiano, il trascorrere del tempo non è un fattore neutro, ma un elemento capace di incidere profondamente sulla vita dei diritti soggettivi, potendone determinare l’estinzione o la perdita della possibilità di esercizio. Gli istituti che governano questa dinamica sono prescrizione e decadenza. Sebbene entrambi si fondino sul mancato esercizio di un diritto entro un termine prestabilito, rispondono a finalità diverse e sono regolati da principi distinti, la cui comprensione è cruciale per ogni operatore del diritto.

PRESCRIZIONE: SANZIONE PER INERZIA E GARANZIA DI CERTEZZA

La prescrizione è l’istituto che conduce all’estinzione di un diritto qualora il suo titolare non lo eserciti per il tempo determinato dalla legge. Il suo fondamento risiede in una duplice esigenza: da un lato, garantire la certezza dei rapporti giuridici, evitando che situazioni di obbligazione possano rimanere pendenti all’infinito; dall’altro, sanzionare l’inerzia del titolare del diritto, la quale, protraendosi nel tempo, ingenera nella controparte e nella collettività un legittimo affidamento circa la sua dismissione o inesistenza.

PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA PRESCRIZIONE

  1. Decorrenza (Art. 2935 c.c.): La prescrizione inizia a decorrere “dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”. Ciò significa che il termine non corre se l’esercizio del diritto è impedito da un ostacolo di natura giuridica, come una condizione sospensiva non ancora avveratasi [Tribunale Di Patti, Sentenza n.456 del 19 Aprile 2025].
  2. Inderogabilità della Disciplina: Le parti non possono modificare la disciplina legale della prescrizione né rinunciarvi finché il termine non è compiuto. Una volta maturata, tuttavia, la parte che ne beneficerebbe può rinunciarvi, anche tacitamente (art. 2937 c.c.).
  3. Onere di Eccezione: La prescrizione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere eccepita dalla parte che vi ha interesse (art. 2938 c.c.).
  4. Oggetto: Sono soggetti a prescrizione tutti i diritti, ad eccezione dei diritti indisponibili (es. diritti della personalità) e degli altri diritti indicati dalla legge, tra cui spicca il diritto di proprietà.

SOSPENSIONE E INTERRUZIONE: VICENDE DEL TERMINE

Il decorso del termine di prescrizione può essere alterato da due fenomeni:

  • Sospensione (artt. 2941-2942 c.c.): Determina una “pausa” nel calcolo del tempo. Le cause di sospensione sono tassativamente previste dalla legge e si basano su particolari rapporti tra le parti (es. tra coniugi) o sulla condizione del titolare (es. minori non rappresentati). Il periodo anteriore alla causa di sospensione si somma a quello successivo alla sua cessazione.
  • Interruzione (artt. 2943-2945 c.c.): Annulla completamente il tempo già trascorso. A seguito dell’atto interruttivo, inizia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione. L’interruzione si verifica con la notifica di un atto giudiziale, con ogni atto che valga a costituire in mora il debitore, o con il riconoscimento del diritto da parte del soggetto contro cui il diritto stesso può essere fatto valere [Tribunale Di Patti, Sentenza n.456 del 19 Aprile 2025]. Un atto di intervento in un processo esecutivo, ad esempio, è considerato equiparabile alla domanda introduttiva del giudizio e produce effetti interruttivi [Tribunale Di Patti, Sentenza n.456 del 19 Aprile 2025].

DURATA DELLA PRESCRIZIONE E LA CONVERSIONE DEL TERMINE

Il Codice Civile prevede:

  • Una prescrizione ordinaria decennale (art. 2946 c.c.), che si applica in tutti i casi in cui la legge non disponga diversamente.
  • Diverse prescrizioni brevi (quinquennali, triennali, annuali) per specifiche categorie di diritti (es. risarcimento del danno, crediti per prestazioni periodiche).

Un tema di grande rilevanza pratica e dibattito giurisprudenziale riguarda l’applicazione dell’art. 2953 c.c., che stabilisce che i diritti per i quali la legge prevede una prescrizione breve, se accertati con sentenza passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni. Questo fenomeno, noto come conversione del termine prescrizionale, trova il suo fondamento non più nel diritto originario, ma nel titolo giudiziale definitivo (actio iudicati). La questione più controversa è se tale conversione operi anche per i titoli esecutivi stragiudiziali, come la cartella di pagamento in materia di crediti previdenziali, divenuta definitiva per mancata opposizione nei termini. Su questo punto, la giurisprudenza non è monolitica.

  • Orientamento restrittivo: Un filone giurisprudenziale, avallato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 23397 del 17 novembre 2016), sostiene una lettura rigorosa dell’art. 2953 c.c. [Tribunale Ordinario Napoli, sez. L3, sentenza n. 1876/2017]. Secondo questa tesi, la norma ha carattere eccezionale e non è applicabile per analogia oltre i casi in essa previsti, ovvero quelli di accertamento con sentenza passata in giudicato. la norma dell’art. 2953 cod. civ. non può essere applicata per analogia oltre i casi in essa stabiliti… la prescrizione decennale da “actio judicati”, prevista dall’art. 2953 cod. civ., decorre non dal giorno in cui sia possibile l’esecuzione della sentenza né da quello della sua pubblicazione, ma dal momento del suo passaggio in giudicato [Tribunale Ordinario Napoli, sez. L3, sentenza n. 1876/2017]. Di conseguenza, la cartella di pagamento non opposta, pur essendo un titolo esecutivo, non acquisisce l’autorità di cosa giudicata e la pretesa creditoria in essa contenuta rimane soggetta al termine di prescrizione breve originario (solitamente quinquennale per i contributi previdenziali) [Tribunale Ordinario Napoli, sez. L3, sentenza n. 1876/2017][Tribunale Ordinario Roma, sez. LV, sentenza n. 1293/2017][Tribunale Ordinario Roma, sez. LV, sentenza n. 191/2017]. La definitività della cartella non opposta non “nova” la natura del credito, che resta un credito previdenziale e non un credito da *actio iudicati* [Tribunale Ordinario Roma, sez. LV, sentenza n. 1293/2017][Tribunale Ordinario Roma, sez. LV, sentenza n. 191/2017][Tribunale Ordinario Roma, sez. LV, sentenza n. 1270/2018].
  • Orientamento estensivo: Altra parte della giurisprudenza di merito ha invece ritenuto che la definitività della cartella non opposta renda la pretesa contributiva “intangibile” e non più contestabile, con la conseguenza che a prescriversi non sarebbe più il diritto alla contribuzione, ma l’azione esecutiva fondata sul titolo ormai formatosi [Tribunale Ordinario Frosinone, sez. LA, sentenza n. 967/2015]. Tale azione, in assenza di diversa disposizione, sarebbe soggetta al termine ordinario decennale. …una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell’opposizione alla cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie), non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l’azione diretta all’esecuzione del titolo così definitivamente formatosi; riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l’actio iudicati ai sensi dell’art. 2953 cc), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’art. 2946 cc [Tribunale Ordinario Frosinone, sez. LA, sentenza n. 967/2015].

Nonostante questo contrasto, l’orientamento delle Sezioni Unite appare oggi quello prevalente e più autorevole.

 

DECADENZA: ONERE DI ESERCIZIO PER LA STABILITÀ DELLE SITUAZIONI GIURIDICHE

La decadenza consiste nella perdita della possibilità di esercitare un diritto per il mancato compimento di una determinata attività o di un dato atto nel termine perentorio previsto dalla legge o dalle parti. A differenza della prescrizione, la sua ratio non è sanzionare l’inerzia, ma rispondere a un’esigenza oggettiva di certezza, chiudendo definitivamente una situazione giuridica incerta.

CARATTERISTICHE DISTINTIVE DELLA DECADENZA

  1. Fondamento Oggettivo:* Rileva il mero fatto oggettivo del mancato compimento dell’atto richiesto nel termine, a prescindere dalle ragioni soggettive del titolare.
  2. Inapplicabilità di Sospensione e Interruzione: Di regola, alla decadenza non si applicano le norme sulla sospensione e sull’interruzione della prescrizione (art. 2964 c.c.). L’unico modo per impedirla è compiere l’atto previsto [Corte d’Appello Brescia, sez. LA, sentenza n. 490/2017].
  3. Rilevabilità d’Ufficio: La decadenza può essere rilevata d’ufficio dal giudice solo quando, trattandosi di diritti indisponibili, è stabilita dalla legge (art. 2969 c.c.).
  4. Derogabilità: Le parti possono pattuire termini di decadenza (decadenza convenzionale), purché non rendano eccessivamente difficile l’esercizio del diritto (art. 2965 c.c.).

IMPEDIMENTO E RINUNCIA ALLA DECADENZA

L’art. 2966 c.c. stabilisce che la decadenza è impedita dal compimento dell’atto previsto. È inoltre impedita dal riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza. Tale riconoscimento, per essere efficace, deve avvenire prima della scadenza del termine [Tribunale di Tempio Pausania, Sentenza n.319 del 13 aprile 2024]. Un atto ricognitivo posto in essere dopo la scadenza del termine non ha effetto impeditivo, ma potrebbe essere qualificato come rinuncia a valersi della decadenza già maturata. Tale rinuncia, assimilabile a quella prevista per la prescrizione, ha natura negoziale e richiede una manifestazione di volontà inequivoca e consapevole [Tribunale di Tempio Pausania, Sentenza n.319 del 13 aprile 2024]. Ad esempio, una generica annotazione in un bilancio societario non è stata ritenuta sufficiente a integrare né un riconoscimento impeditivo né una rinuncia tacita alla decadenza [Tribunale di Tempio Pausania, Sentenza n.319 del 13 aprile 2024]. Un’interessante questione riguarda l’introduzione di un nuovo termine di decadenza da parte del legislatore. La giurisprudenza ha chiarito che la nuova normativa si applica anche ai diritti già sorti, ma il termine di decadenza inizia a decorrere solo dal momento dell’entrata in vigore della nuova legge [Corte d’Appello Brescia, sez. LA, sentenza n. 490/2017]. Infine, è cruciale notare che l’esercizio di un’azione giudiziaria impedisce la decadenza, ma se il processo si estingue, l’atto introduttivo perde ogni efficacia, sia processuale che sostanziale, e l’effetto impeditivo viene meno [Corte d’Appello Brescia, sez. LA, sentenza n. 490/2017]. la domanda giudiziale è un evento idoneo ad impedire la decadenza di un diritto, non in quanto costituisca la manifestazione di una volontà sostanziale, ma perché instaura un rapporto processuale diretto ad ottenere l’effettivo intervento del giudice, sicché l’esercizio dell’azione giudiziaria non vale a sottrarre il diritto alla decadenza qualora il giudizio si estingua, facendo venire meno il rapporto processuale [Corte d’Appello Brescia, sez. LA, sentenza n. 490/2017].

PRINCIPIO DELL’AFFIDAMENTO E L’ERRORE SCUSABILE

In contesti di termini decadenziali, può accadere che un soggetto sia indotto in errore da comunicazioni fuorvianti della controparte, specie se pubblica. In tali casi, si è posta la questione della possibile applicazione del principio dell’affidamento incolpevole per ottenere una rimessione in termini. La giurisprudenza è molto rigorosa: l’affidamento, per essere tutelato, deve essere incolpevole, presupponendo un’interpretazione giurisprudenziale consolidata e un improvviso mutamento di orientamento. L’errore non è considerato scusabile se la norma è chiara e in vigore da tempo, o se la parte è assistita da un professionista (avvocato, patronato), da cui ci si attende la diligenza necessaria per individuare la corretta disciplina normativa, superando eventuali indicazioni erronee fornite dalla controparte [Tribunale di Milano, Sentenza n.886 del 21 febbraio 2024].

 

PRESCRIZIONE E DECADENZA

Prescrizione e decadenza, pur condividendo l’elemento del decorso del tempo, rappresentano due facce distinte della stessa medaglia: la necessità di certezza nei rapporti giuridici. La prescrizione sanziona l’inerzia e stabilizza le situazioni consolidate, mentre la decadenza impone un onere di attivazione per superare rapidamente l’incertezza. La loro corretta applicazione, specialmente in aree complesse come il diritto previdenziale e tributario, dipende da un’attenta analisi della normativa e da una profonda conoscenza degli orientamenti giurisprudenziali, che continuano a plasmarne i confini e a risolvere le complesse questioni interpretative che esse sollevano.

 

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