In ambito contrattuale, e più in particolare in materia di compravendita, contratto consensuale che si perfeziona nel momento in cui le parti si scambiano i reciproci consensi, sia sull’acquirente che sull’alienante gravano delle obbligazioni (garanzie a carico del venditore), diverse in virtù dei ruoli assunti da ciascuno nel negozio. Soffermandoci sulla figura del venditore, l’art. 1476 c.c. specifica che le obbligazioni a carico di quest’ultimo sono ravvisabili in quella di consegnare la cosa al compratore nello stato in cui si trovava al momento della vendita, quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o del diritto, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto (atteso che se l’alienante non trasferisse all’acquirente la proprietà del bene che è oggetto del contratto, di quest’ultimo verrebbe meno la causa, con conseguente nullità dello stesso e venir meno in capo al compratore dell’obbligo di pagare il prezzo) e quella di garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.

GARANZIE A CARICO DEL VENDITORE: GARANZIA CONTRO L’EVIZIONE

Anzitutto, giova evidenziare che, con il termine evizione, si intende far riferimento a quel fenomeno ricorrente laddove l’alienante è privato in tutto o in parte della proprietà del bene acquistato, a seguito di una pronuncia giudiziale che accerta, in favore di soggetto terzo, l’esistenza di un difetto di titolarità in capo al venditore che non poteva quindi validamente disporre del bene e, dunque, trasferirlo. La garanzia per evizione consiste nell’assunzione di un rischio, giacché – concludendo il contratto – l’alienante assume su di sé il rischio di tenere indenne l’acquirente delle conseguenze che eventualmente quest’ultimo dovrebbe subire nel momento in cui il diritto di proprietà del venditore sul bene dovesse risultare viziato, viziando di conseguenza anche il trasferimento della proprietà. Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito più volte che non è necessario che l’acquirente sia materialmente spossessato del bene; tuttavia non è sufficiente neppure che il diritto dell’acquirente sia limitato in via meramente astratta e ipotetica. Occorrerà piuttosto che un terzo abbia esercitato vittoriosamente un’azione (di rivendicazione, confessoria o di riduzione) sul bene venduto che abbia accertato il difetto di titolarità della proprietà dell’acquirente, causato da un vincolo che ha impedito a monte che il contratto di compravendita potesse produrre l’effetto traslativo. In caso di evizione totale – ricorrente laddove l’acquirente perda integralmente la titolarità sul bene acquistato – l’art. 1483 c.c. prevede che l’alienante debba corrispondere al compratore il risarcimento del danno; egli è inoltre tenuto a restituire all’acquirente il prezzo pagato, a rimborsargli le spese e i pagamenti legittimamente fatti per il contratto e a corrispondergli il valore dei frutti che questi sia tenuto a restituire a colui dal quale è evitto, le spese che abbia fatto per la denunzia della lite e quelle che abbia dovuto rimborsare all’attore. Nel caso invece di evizione parziale il compratore può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno, quando deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno. Da ultimo giova rilevare che se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto (qualora dimostri che non avrebbe acquistato la cosa gravata da quegli oneri o diritti di godimento in favore di terzi) oppure una riduzione del prezzo.

 

GARANZIE A CARICO DEL VENDITORE: GARANZIE CONTRO I VIZI

Tanto premesso, occorre ora evidenziare che – ai sensi dell’art. 1490 c.c. – l’alienante è tenuto a garantire che il bene venduto sia immune da vizi che lo rendano inidoneo all’uso a cui è destinato, o comunque ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore. Si badi che il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa. La ratio della norma in parola risiede nella necessità di garantire che il compratore acquisti un bene immune da vizi, che potrà dunque legittimamente dolersi della loro presenza purché abbiano una certa consistenza, giacché il principio di buona fede impone di sopportare i difetti minimi del bene. Si precisi che, in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, il giudice, chiamato a pronunciarsi su una domanda di accertamento dei vizi della cosa venduta, ha il compito di qualificare d’ufficio l’azione proposta in termini di vendita di bene privo delle qualità essenziali ovvero, sulla base delle circostanze acquisite al processo a tal fine rilevanti, di vendita di “aliud pro alio”, la quale dà luogo all’azione contrattuale di risoluzione o di inadempimento ex art. 1453 c.c. (cfr. Cass. civ. n. 28069/2021). Deve inoltre evidenziarsi che, a norma dell’art. 1491 c.c., non è dovuta la garanzia se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa; parimenti non è dovuta, se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi: ciò in quanto – se l’acquirente conosceva i vizi – la garanzia non ha ragione d’essere dal momento che si presume che questi abbia inteso acquistare il bene già viziato; allo stesso modo, per il caso in cui i vizi erano facilmente riconoscibili, il legislatore addossa al compratore un minimo onere di diligenza che gli impone di accertarsi che il bene corrisponda alle proprie aspettative di acquisto. Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che “ai fini dell’esclusione della garanzia per i vizi della cosa venduta, l’art. 1491 c.c. non richiede il requisito dell’apparenza, ma quello della facile riconoscibilità del vizio. Ed è proprio siffatto onere che può essere richiesto al compratore, ai sensi dell’art. 1491 c.c. che non postula una particolare competenza tecnica, né il ricorso all’opera di esperti, ma è circoscritto alla diligenza occorrente per rilevare i difetti di facile percezione da parte dell’uomo medio. Dunque il ricorso all’esperto segna il discrimen tra le ipotesi in cui sia prevista la garanzia e quelle in cui sia esclusa, e cioè, se il vizio sia o meno facilmente riconoscibile, poiché l’onere di diligenza del compratore non deve spingersi sino al punto di postulare il ricorso all’opera di esperti o l’effettuazione di indagini penetranti ad opera di tecnici del settore, al fine di individuare il vizio” (cfr. Cass. civ. n. 12606/2022).

 

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