Il procedimento semplificato di cognizione, introdotto con la c.d. Riforma Cartabia, è una nuova tipologia di rito con il quale il legislatore non solo ha innovato il preesistente processo sommario prescritto dagli artt. 702 bis ss. c.p.c.; ma altresì ha definito un nuovo modello di processo nell’ambito del giudizio civile volto a soddisfare le esigenze di celerità, senza sacrificare in alcun modo il livello di cognizione con il quale l’autorità giudiziaria affronta la causa.
Tale procedimento è disciplinato dai novelli artt. 281 decies e seguenti c.p.c.
RITO SEMPLIFICATO OBBLIGATORIO E RITO SEMPLIFICATO FACOLTATIVO
In primo luogo, la normativa richiede la sussistenza di taluni presupposti per accedere a suddetto rito. In particolare, quest’ultimo risulta essere rito obbligatorio (cd. semplificato obbligatorio) per ogni controversia in cui, in via alternativa: i fatti in causa non risultano essere controversi oppure la domanda risulta fondata su prova documentale o di pronta soluzione o non richiede attività istruttoria complessa. Tali presupposti devono sussistere sia per la domanda principale che eventualmente nella domanda proposta in via riconvenzionale, nonché per i fatti costituivi, impeditivi, modificati o estintivi.
Il rito semplificato si pone come facoltativo (cd. semplificato facoltativo), e dunque a scelta discrezionale del ricorrente, nelle ipotesi in cui il giudizio non ricada nelle ipotesi di cui all’art. 50 bis c.p.c., e pertanto la competenza sia del giudice in composizione monocratica. Ciononostante rimane salva la facoltà del giudice di mutare il rito semplificato prescelto in ordinario qualora lo ritenga opportuno.
FASI DEL PROCESSO
L’atto iniziale del presente rito è il ricorso, cui contenuto rispecchia quanto prescritto dall’art. 163 c.p.c. in tema di atto di citazione. Il ricorrente poi, diversamente da quanto prescritto per il rito ordinario, dovrà depositare l’atto affinché il giudice designato emetta decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti.
Successivamente, il provvedimento giudiziale unitamente all’atto introduttivo dovranno essere ritualmente notificati alla controparte convenuta. Tra il giorno della notificazione del ricorso e quello dell’udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di quaranta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di sessanta giorni qualora il luogo di notificazione si trovi all’estero.
Di talché, il convenuto avrà termine fino a dieci prima dell’udienza ai fini di una costituzione tempestiva.
In sede di udienza, il giudice incaricato valuterà, in primo luogo, la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 281 decies c.p.c. ai fini dell’accesso al rito semplificato descritto nonché, a fronte della richiesta delle parti e in presenza di giustificato motivo, concederà alle parti un termine per precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni e per indicare gli ulteriori mezzi di prova e produrre documenti, oltreché un ulteriore termine per replicare e dedurre prova contraria.
Di qui, all’esito della prima udienza o a termine della succinta fase istruttoria, il giudice tratterrà la causa in decisione. La fase decisoria è disciplinata dall’art. 281 sexies c.p.c. nell’ipotesi in cui la causa sia di competenza del tribunale in composizione monocratica. Tale modalità cd. orale prevede che a seguito del deposito delle note di precisazione delle conclusioni, il giudice ordini che si proceda con la discussione orale della causa. Quest’ultima potrà tenersi nella stessa udienza o in una udienza successiva. Al termine, il giudice renderà sentenza o immediatamente o con suo deposito entro 30 giorni.
Nelle ipotesi di competenza del tribunale in composizione collegiale, la fase decisoria è disciplinata dall’art. 275 bis c.p.c. Questo modello prevede il deposito della nota di precisazione delle conclusioni (30 giorni prima della udienza di discussione) nonché di brevi note conclusive (15 giorni prima della suddetta udienza), seguiti da una udienza di discussione. Durante quest’ultima il giudice istruttore esporrà la relazione della causa al collegio, e il presidente ammetterà poi le parti alla discussione. In questa ipotesi il collegio potrà rendere immediatamente sentenza oppure procedere al deposito entro 60 giorni.
Si noti come a seguito della riforma Cartabia il suddetto rito sfoci in una sentenza e non più in un’ordinanza, come era prescritto per il precedente rito ex art. 702 bis c.p.c.
La sentenza è impugnabile secondo i modi ordinari.
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Foto Agenzia Liverani