Nell’ambito della lotta alla pandemia da Covid-19, al fine di contrastare gli effetti pregiudizievoli del diffondersi della malattia, assume un grandissimo rilievo la campagna vaccinale avviata dal Governo a partire dal dicembre 2020 e attuata in maniera graduale, a partire dalla popolazione più anziana sino alla recente introduzione della possibilità di vaccino anche per i bambini sopra i 6 anni di età.
Eppure, la chiamata alla vaccinazione dei cittadini ha dovuto sin da subito fare i conti con la resistenza di una significativa fetta della popolazione, che si è dimostrata irriducibilmente contraria a sottoporsi al trattamento vaccinale
Il dibattito è noto ed è stato gestito attraverso misure – quale quella del green pass – ritenute idonee a scongiurare una nuova chiusura del Paese, con progressivi inasprimenti e restrizioni per i cittadini “sprovvisti” di vaccino.
Più di recente, alla luce del preoccupante aumento di contagi e ricoveri registrato nel periodo natalizio, il Governo è intervenuto con un provvedimento molto discusso e foriero di possibili critiche: in particolare, con il decreto-legge n. 1 del 2022 l’obbligo vaccinale – già disposto per determinate categorie professionali (personale sanitario) – è stato esteso ai soggetti che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età.
COSA PREVEDE LA NUOVA NORMATIVA IN MATERIA DI OBBLIGO VACCINALE PER I CITTADINI OVER 50
Il decreto, entrato in vigore lo scorso 8 gennaio, ha introdotto l’obbligo vaccinale per tutti i cittadini, italiani o di altri Stati, che abbiano compiuto 50 anni di età ovvero che compiano il 50esimo anno di età entro il 15 giugno 2022, termine provvisoriamente fissato dal Governo per la decorrenza della misura.
L’obbligo è escluso in caso di accertato pericolo per la salute ovvero in relazione a specifiche condizioni cliniche, purché debitamente documentate. Allo stesso tempo, non sono soggetti all’obbligo di vaccinazione coloro i quali abbiano contratto la malattia e dispongano, pertanto, di idoneo certificato di guarigione.
Ai cittadini over 50 non ancora vaccinati è assegnato termine sino al 1° febbraio 2022 per completare il ciclo vaccinale: da tale data, saranno passibili di sanzione pecuniaria pari ad € 100,00.
Sono state poi disposte misure maggiormente restrittive per garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro, con specifici doveri di controllo e vigilanza a carico dei datori di lavoro. In particolare, dal 15 febbraio 2022 il vaccino è necessario per accedere a tutti luoghi di lavoro pubblici e privati.
Le sanzioni comminate per violazione delle disposizioni sopra citate risultano sensibilmente più afflittive: la multa va da € 600,00 ad € 1.500,00.
A ciò si aggiunga che il lavoratore sprovvisto di certificato vaccinale e al quale viene, pertanto, precluso l’accesso al luogo di lavoro è considerato ingiustificatamente assente con conseguente mancata maturazione del diritto alla retribuzione. Dopo cinque giorni di assenza ingiustificata, il lavoratore può andare incontro ad una sospensione per tutta la durata del contratto di lavoro.
OBBLIGO VACCINALE E COSTITUZIONE
Il recente obbligo vaccinale introdotto ha riacceso il dibattito relativo alla costituzionalità di un simile intervento legislativo.
E infatti, il tema della legittimità costituzionale delle vaccinazioni c.d. “obbligatorie” non è nuovo ed era stato già affrontato in occasione della reintroduzione, ad opera del d.l. 73/2017, convertito in legge n. 119/2017, dell’obbligo di vaccinazione dei minori per determinate malattie.
Occorre, in primo luogo, osservare che l’art. 32 della Costituzione dispone che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.
In particolare, la Corte Costituzionale si è a più riprese espressa sulla compatibilità tra obbligo vaccinale e art. 32. Merita di essere menzionata la pronuncia n. 307 del 1990, con la quale il Giudice delle leggi ha chiarito che “L’imposizione ‘ex lege’ di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, e purché esso non incida negativamente – salvo che in misura temporanea e tollerabile – sullo stato di salute del soggetto”.
Detto orientamento è altresì avvallato dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritto dell’Uomo, la quale ha più volte ribadito come le vaccinazioni obbligatorie possano essere considerate necessarie in una società democratica, in quanto la sottoposizione a vaccino, oltre a salvaguardare l’interesse primario della tutela della salute pubblica, risulta espressione di solidarietà sociale e consente di proteggere la salute di tutti i membri della società, in particolare, dei soggetti più fragili e vulnerabili.
Con specifico riferimento all’epidemia da Covid-19, l’obbligo vaccinale era già stato introdotto dal d.l. n. 44/2021 (convertito in legge n. 76/2021) per gli esercenti le professioni sanitarie.
A seguito del ricorso collettivo proposto da alcuni operatori sanitari, il Consiglio di Stato ha affrontato il problema della legittimità costituzionale di una simile imposizione. Nello specifico, pronunciandosi sul tema, il Consiglio di Stato ha rammentato che l’obbligo vaccinale imposto ai sanitari non si fonda esclusivamente sulla finalità di tutela dello stesso personale sanitario sul luogo di lavoro, ma scaturisce da un più generale dovere di solidarietà imposto a tutti i cittadini nei confronti dei soggetti maggiormente vulnerabili, riconoscendone in questo modo la conformità alla Costituzione.
In conclusione, quindi, alla luce del quadro descritto, sembrerebbe ammissibile sotto il profilo della legittimità costituzionale l’introduzione di un obbligo vaccinale esteso alla popolazione, come quello oggetto del recente intervento legislativo.
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Foto Agenzia Liverani