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COS’È IL MOBBING 

Il terrore psicologico, o comportamento vessatorio sul posto di lavoro, conosciuto meglio come “mobbing”, costituisce una forma di violazione dell’integrità personale.
In particolare, quando si parla di mobbing, si fa riferimento a determinati comportamenti, ripetuti nel tempo, posti in essere contro un determinato soggetto al fine di allontanarlo dall’azienda in cui esercita la sua attività lavorativa. Tali condotte vessatorie possono consistere in aggressioni con impatto sulla comunicazione, come ad esempio impedire all’interessato di esprimersi; in aggressioni con impatto sulle relazioni sociali, come ignorare l’interessato; in aggressioni con impatto sulla reputazione, come diffondere false voci che riguardano la persona dell’interessato; aggressioni con impatto sulla situazione privata e professionale, come far svolgere al soggetto interessato mansioni umilianti o squalificanti; aggressioni con impatto sulla salute, come le molestie sessuali.
Conseguenza di tali condotte è che il soggetto passivo, la cui integrità personale risulti offesa, non potrà sfruttare al meglio le sue capacità lavorative e di rendimento. Ma non solo, perché le ripercussioni del mobbing sul lavoro non coinvolgono solo l’individuo vessato, bensì l’insieme dei lavoratori dipendenti, provocando spesso conflitti sul lavoro e contribuendo alla creazione di una cultura del posto di lavoro tossica.
Gli studi dimostrano che solitamente le vittime di mobbing sono soggetti “diversi” rispetto alla maggioranza, soggetti competenti, istruiti, attraenti, donne di età compresa tra i 32 e i 55 anni, persone che appartengono a minoranze o che già sono vittime di razzismo.

 

COME REAGIRE AL MOBBING

Il fenomeno del mobbing nel corso degli ultimi anni è stato frequentemente oggetto di riflessione sia da parte della dottrina che da parte della giurisprudenza. Ciò in quanto, nel momento in cui si accorda tutela ad un lavoratore vittima di vessazioni, bisogna dare atto di come molteplici siano i riferimenti normativi e le tecniche di tutela.
Indubbiamente la disciplina del contratto di lavoro è caratterizzata da una sperequazione tra le parti. A fronte di ciò il legislatore ha deciso di intervenire cercando di riequilibrare le posizioni contrattuali, indicando quale criterio guida quello del fabor laboris, deputato a comprimere e condizionare il potere datoriale attraverso l’utilizzo di svariati strumenti normativi.
Nelle aziende un ruolo fondamentale è giocato dal dipartimento delle risorse umane, responsabile di mantenere il luogo di lavoro libero da atti di bullismo o razzismo lesivi dell’integrità morale dei lavoratori, prevenendo o fermando tali comportamenti non appena vengono segnalati, contribuendo così al mantenimento di un ambiente sicuro e professionale.
La maggior parte dei paesi per fronteggiare il mobbing si è dotata di leggi contro le molestie sul posto di lavoro. Ad esempio, negli Stati Uniti è stato creato il The Healthy Workplace Bill il cui scopo è quello di proteggere i dipendenti.
Quanto all’Italia, il Codice Civile all’art.2087 c.c. fa riferimento ad “un generale obbligo di sicurezza sul lavoro, imponendo all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie per proteggere non solo l’integrità fisica, ma anche il benessere psicologico del lavoratore”. Secondo la dottrina prevalente, tale norma necessita di essere letta alla luce dei principi di cui agli artt. 32, 41 comma 2 Cost. e dei doveri di correttezza e buona fede, cosicché l’osservanza dell’art.2087 non si risolve nel mero rispetto degli obblighi tassativamente previsti dalla legge in materia di sicurezza, bensì impone al datore di lavoro l’adozione di qualsivoglia misura che risulti essere idonea a garantire l’integrità psico fisica del lavoratore.
Ulteriore strumento normativo posto a difesa dei soggetti vittime di mobbing è rappresentato dalla tutela antidiscriminatroia contenuta nel c.d. Statuto dei Lavoratori, che sancisce la nullità di patti o atti discriminatori, indicando quali motivi vietati quelli inerenti alla religione, alla politica, quelli di natura sindacale, ma anche quelli riferiti al sesso, alla lingua o alla razza.
Il mobbing è pertanto un illecito civile che potrebbe comportare una malattia professionale suscettibile di indennizzo nell’ambito del c.d. danno biologico. In particolare, è compito del dipendente vittima di mobbing dimostrare il danno subito e l’attribuibilità dello stesso all’ambiente di lavoro. Tuttavia, soprattutto quando il rapporto tra dipendenti e datori di lavoro è simile ad un contesto familiare, il mobbing può altresì integrare il reato di maltrattamenti, di molestie, di lesioni o di estorsione.
Peraltro, la Corte di Cassazione ha più volte affermato la possibilità di concorso della responsabilità contrattuale di cui all’art. 2087 c.c., con quella extracontrattuale ex art. 2043 c.c. che sussiste qualora dalla violazione sia derivata altresì la lesione di diritti personalissimi spettanti al lavoratore in quanto uomo.

 

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Lo Studio rimane a disposizione per qualsiasi chiarimento occorresse.

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