Il gioco e scommessa sono i contratti aleatori per eccellenza.
Premesso che, se il gioco o la scommessa sono proibiti, il negozio è illecito e nessun diritto sorge in capo al vincitore, il quale, tra l’altro, è tenuto a restituire ciò che il perdente abbia pagato.
Nell’ordinamento italiano, è proibito il gioco d’azzardo disciplinato dall’ art. 721 c.p. che cita ‘‘ sono giuochi d’azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria; sono case da giuoco i luoghi di convegno destinati al giuoco d’azzardo, anche se privati, e anche se lo scopo del giuoco è sotto qualsiasi forma dissimulato’’.
Invero, se il gioco è lecito, il vincitore non ha azione, ma il soggetto perdente non può ripetere quanto abbia spontaneamente pagato, pertanto, ai sensi dell’ art. 1933 c.c. ‘‘non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti. Il perdente tuttavia non può ripetere quanto abbia spontaneamente pagato dopo l’esito di un giuoco o di una scommessa in cui non vi sia stata alcuna frode. La ripetizione è ammessa in ogni caso se il perdente è un incapace’’.
L’azione è, ammessa se si tratti di giochi o scommesse relative a competizioni sportive, ai sensi dell’art. 1134 c.c., o di lotterie automatizzate, ai sensi dell’art. 1935 c.c..
Precisamente, l’art. 1935 c.c. stabilisce che le lotterie autorizzate danno luogo ad azione in giudizio, riferendosi, però, soltanto ai rapporti tra il giocatore (o i giocatori, nel caso di giocata ad intestazione plurima) e l’ente che gestisce il gioco autorizzato, sul punto la giurisprudenza di legittimità, ha chiarito che ‘‘la disciplina posta dalla richiamata norma non può estendersi ai molteplici e variegati accordi meramente privati tra i giocatori, che – a differenza dal gioco autorizzato – restano al di fuori di ogni regolamentazione, siccome affidati a passioni ed influenze reciproche, nell’ambito di rapporti sociali che la legge non considera meritevoli di tutela, salvo che per i limitati effetti della “soluti retentio”. Pertanto, proprio per la evidenziata natura di detti rapporti, non può neppure operare per le scommesse private che ruotano intorno al gioco autorizzato l’istituto del collegamento negoziale, in guisa da attrarre, per siffatto tramite, le prime nell’ambito di disciplina del secondo, posto che la normativa applicabile al contratto collegato, sebbene suscettibile di essere influenzata dal contratto principale, deve comunque essere individuata con riguardo alla natura dello stesso contratto collegato ed agli interessi che esso intende perseguire’’ (Cass. n. 20622/2011).
La disciplina descritta dall’art. 1933, si applica anche a tutti i debiti che, pur nascendo da negozi diversi dal contratto di gioco, sono contratti tra giocatori, o da un giocatore con il gestore delle casa da gioco, per iniziare o proseguire il gioco.
Viceversa il mutuo concesso da un terzo, estraneo al gioco, non è esposto al regime della inesigibilità del credito, anche se il mutuante sia consapevole dell’intento del mutuatario di utilizzare la somma per il gioco.
La Suprema Corte, ha precisato, inoltre, che ‘‘l’estensione della disciplina dell’art. 1933 c.c., riguardante i contratti di giuoco, ai mutui a questi collegati – quali dazioni di denaro o di “fiches”, o promesse di mutuo, o riconoscimenti di debito – sussiste solo quando essi costituiscano mezzi funzionalmente connessi all’attuazione del giuoco o della scommessa e siano tali da realizzare fra i giocatori le stesse finalità pratiche del rapporto di giuoco, concorrendo un diretto interesse del mutuante a favorire la partecipazione al gioco del mutuatario’’ (Cass. n. 14375/2019).
Ad ogni modo, nei giochi organizzati, l’organizzatore del gioco si tutela della carenza di azione esigendo il pagamento della posta anteriormente al gioco stesso (ad es. giochi e scommesse nei casinò, concorsi a pronostici e lotterie), il che induce taluno a qualificare come reale il contratto.
Infine, queste regole si applicano anche al gioco esercitato nelle case di gioco organizzate da taluni comuni italiani (Sanremo, Venezia) e all’uopo autorizzate, in quanto l’autorizzazione della quale godono ha il solo effetto di togliere valore alle sanzioni penali stabilite per i giochi d’azzardo, ma non incide sul regime privatistico del gioco.
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