La procreazione medicalmente assistita (o fecondazione artificiale) consiste nella fecondazione del gamete femminile da parte del gamete maschile non per via naturale – ossia attraverso un rapporto sessuale – bensì attraverso tecniche di vario tipo, quali ad esempio, l’inseminazione artificiale in senso stretto (consente di introdurre nell’apparato genitale della donna mediante iniezione il liquido seminale maschile) e la FIVET (fecondazione in vitro dell’ovocita parte dello spermatozoo e il trasferimento in utero dell’embrione).
A prescindere dalla tecnica utilizzata, la fecondazione artificiale può essere omologa o eterologa, a seconda che i gameti utilizzati derivino entrambi oppure non derivino dalla coppia sterile/infertile la quale desideri un figlio; ad esempio, l’inseminazione artificiale risulta omologa se il liquido seminale è del marito/convivente della donna, eterologa se esso appartiene a un uomo estraneo alla coppia, donatore anonimo del seme. Mentre la fecondazione artificiale omologa è ritenuta ammissibile in Italia, maggiori problemi ha suscitato la fecondazione artificiale eterologa.
L’art. 4, comma 1, legge n. 40/2004 consente il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita soltanto nei casi di sterilità maschile o infertilità femminile, cioè quando non sia possibile rimuovere in altro modo le cause impeditive della procreazione.
Tuttavia la Corte Costituzionale ha esteso il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita anche alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità che consentono l’accesso all’aborto terapeutico (art. 6, lett. b, l. n. 194/1978), accertate da apposite strutture pubbliche (Corte Cost. n. 96/2015).
Inoltre la Corte Cost. con sentenza n. 162/2014 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 comma 3, L. 40/2004, che stabiliva il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, ammettendo così questo tipo di tecnica qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assoluta e irreversibile.
Pertanto, attualmente sono ammesse entrambe le forme di procreazione medicalmente assistita, omologa ed eterologa, nei casi di coppie sposate o conviventi affette da sterilità o infertilità non curabili o di coppie fertili ma portatrici di gravi malattie genetiche trasmissibili. Inoltre i bambini nati a seguito delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli nati nel matrimonio o di figli riconosciuti nella coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime (art. 8, L. 40/2004).
MATERNITÀ SURROGATA: PROFILI GIURIDICI
La legge n. 40/2004 inoltre fa espresso divieto, di ricorrere alle discusse figure della maternità surrogata e dell’utero in affitto. Il fenomeno più noto ed attuale è quello della cd. “maternità surrogata” che vede una donna assumersi l’obbligo di portare a termine una gravidanza per conto di una coppia sterile alla quale, poi, si impegna a consegnare il bambino. La donna che si presta a condurre a termine la gravidanza può essere fecondata artificialmente con il seme del marito della coppia committente, oppure può ricevere il trasferimento di un embrione già concepito in vitro. Nel primo caso si parla di maternità surrogata in senso stretto; nel secondo casi di ‘‘utero in affitto’’.
Il divieto di maternità surrogata è stato confermato di recente da Corte Costituzionale, che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale delle norme che vietano tale modalità di procreazione, poiché ‘‘il compito di adeguare il diritto vigente alle esigenze di tutela degli interessi dei bambini nati da maternità surrogata non può che spettare in prima battuta, alla discrezionalità del legislatore, al quale deve essere riconosciuto un significativo margine di manovra nell’individuare una soluzione che si faccia carico di tutti i diritti e principi in gioco’’ (Corte Cost. n. 33/2021).
La maternità surrogata, vietata in Italia, è consentita in altri Paesi, nei quali molte coppie si recano per accedere a questa forma di fecondazione assistita. La coppia, a conclusione dell’iter gestazionale, si fa consegnare il bambino e rientra in Italia, chiedendo la trascrizione della nascita nei registri dello stato civile.
Con particolare riferimento all’efficacia, nell’ordinamento interno, di atti adottati all’estero, gli Ermellini hanno affermato che ‘‘non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti del provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di un minore da parte di una coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo status di genitoriale secondo il modello dell’adozione piena, non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare sia omogenitoriale, purché sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione’’(Sen. Corte Cass. n. 9006/2021).
Sotto il profilo strettamente civilistico, il contratto di maternità surrogata è radicalmente nullo, in quanto l’atto dispositivo del proprio corpo implicato dal contratto di maternità è contrario alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume. Mancano inoltre a norma degli artt. 1418 c.c., i requisiti di possibilità e liceità dell’oggetto.
Allo stato sembra quindi potersi prospettare solo in futuro un superamento del divieto di maternità surrogata contenuto nella L. 40/2004. Tuttavia, la Suprema Corte recentemente ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario che ‘‘non ritiene punibile la coppia che si sia recata all’estero per realizzare un progetto di genitorialità in Paesi nei quali il ricorso a questa tecnica è consentito’’ (Sent. Corte Cass. n. 5198/2021) .
Il meccanismo più immediato per tutelare tutti i soggetti coinvolti nella pratica della maternità surrogata sarebbe, previo vaglio del giudice sul best interest del minore, la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero e recante l’indicazione di entrambi i genitori, quello biologico e quello internazionale; tuttavia, risulta consentito, per il genitore internazionale, soltanto l’accesso all’adozione in casi particolari ex art. 44, lett. d), L. 184/1983, che tuttavia, pur costituendo un valido strumento di tutela, non risulta però idoneo ad abbracciare la multiformità delle situazioni giuridiche connesse alla pratica della maternità surrogata.
Per questo motivo è necessario che il legislatore intervenga con una riforma organizza della materia, eventualmente creando, accanto all’adozione non legittimante, un istituto che riconosca e tuteli efficacemente e globalmente il minore nato attraverso una maternità surrogata.
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Foto Agenzia Liverani