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L’ art. 2052 c.c., rubricato “Danno cagionato da animali”, recita: “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.
Alla luce del dettato della norma emerge come il criterio di imputazione della responsabilità sia la proprietà o la titolarità di un diritto che dia la possibilità di utilizzare un animale. Per tale ragione questa tipologia di responsabilità si definisce come oggettiva.
Invero, seppure venga richiamato il cd. caso fortuito, la giurisprudenza non ritiene sufficiente la semplice prova dell’impiego della normale diligenza nella custodia dell’animale, richiedendo invece la più gravosa prova di una causa esterna imprevedibile, inevitabile e/o eccezionale che abbia impedito al proprietario o utilizzatore di evitare il danno evento nonché il rispettivo danno conseguenza.

ART 2052 C.C. È APPPLICABILE ANCHE ALLA FAUNA SELVATICA?

In tema, una delle questioni più dibattute riguarda l’applicabilità della suddetta norma ai danni derivanti da fauna selvatica.
Per molto tempo la giurisprudenza ha dato una risposta negativa a tale quesito, in quanto si sosteneva che l’art. 2052 c.c. si dovesse interpretare come applicabile solo agli animali domestici, i quali possono essere oggetto di controllo e sorveglianza, non anche agli animali selvatici che vivendo in uno stato di libertà non possono essere custoditi.
La norma veniva pertanto intesa restrittivamente.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui incorresse un danno causato da fauna selvatica, poteva invocarsi la responsabilità dell’ente pubblico tenuto alla gestione degli animali ai sensi dell’art. 2043 c.c., dove, in ogni caso, si poneva la questione dell’individuazione dell’ente pubblico responsabile. Invero, seppure la legge n. 157 del 1992 riporti quale ente di riferimento la regione, talvolta le funzioni erano delegate alle province, causando così una discrasia sull’individuazione del soggetto responsabile nell’ambito della giurisprudenza di merito.
La giurisprudenza di legittimità nel 2020 muta il proprio orientamento (Cass. 7969 del 2020), giungendo ad affermare che l’art. 2052 c.c. sia applicabile alle ipotesi di danni derivanti da fauna selvatica.
Ciò avviene alla luce di una interpretazione in primis letterale della norma, in quanto la lettera della legge non distingue tra animali domestici e selvatici, facendo semplicemente riferimento agli animali; e in secondo luogo, si suppone, alla luce di una interpretazione teleologica, ovverosia in considerazione della ratio della disposizione legislativa.
Inoltre, la Corte di Cassazione specifica come in queste ipotesi sia ritenuta responsabile la regione in virtù della legge n. 157/1992, in quanto a questo ente appartengono le funzioni attinenti alla gestione della fauna selvatica e, dunque, può essere definita in senso pubblicistico utilizzatrice o proprietaria degli animali selvatici.

 

LIMITE ALL’APPLICAZIONE DELL’ART. 2052 C.C. NELLE IPOTESI DI FAUNA SELVATICA

Nel riconoscere tale interpretazione dell’art. 2052 c.c. la Suprema Corte ha altresì individuato un limite, al fine di temperare le ipotesi di responsabilità delle regioni in tema.
Invero, al paragrafo 6 di tale pronuncia del 2020 emerge come nelle zone urbane e extraurbane in cui sia nota la presenza della fauna selvatica, per quanto riguarda i sinistri stradali che vedono come protagonisti animali selvatici, il danneggiato dovrà provare altresì “di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”.
Tale statuizione comporta un netto limite alla risarcibilità dei danni. E ciò soprattutto in considerazione del dettato normativo dell’art. 2052 c.c., il quale non prevede che i soggetti danneggiati abbiano diritto al risarcimento dei danni solo al verificarsi di tale condizione.
La giurisprudenza ricava questo elemento aggiuntivo dall’art. 2054 c.c., in tema di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli, dove tuttavia tale comportamento attivo è richiesto al conducente del veicolo danneggiante, e non in riferimento al danneggiato, come viene invece interpretato dalla Suprema Corte in tema di fauna selvatica.
Si presume che la pronuncia, con questo passaggio, abbia voluto apporre un limite alla risarcibilità dei danni in considerazione della salvaguardia delle casse pubbliche.
Dunque, il soggetto danneggiato da fauna selvatica potrà avere diritto al risarcimento dei danni solo se avrà modo di provare di essere stato particolarmente diligente, attuando quei comportamenti idonei a evitare l’impatto con animali selvatici.

 

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