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COS’È IL COMODATO?

Il contratto di comodato è disciplinato agli artt. 1803 e ss. c.c., dove viene definito come “il contratto col quale una parte (detta comodante) consegna all’altra (detta comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta”.
Le caratteristiche proprie di tale contratto sono la gratuità, l’assenza di formalità necessarie e la realità.
Partendo dal primo aspetto, questo contratto si contraddistingue per essere essenzialmente gratuito. Questo elemento permette di porre una netta distinzione con il contratto di locazione di cui all’art. 1571 c.c., il quale richiede infatti un corrispettivo a fronte del godimento del bene.
L’essenza gratuita del comodato, tuttavia, non comporta in modo assoluto la presenza di uno spirito di liberalità, il quale può esservi ma non ne è presupposto.
In secondo luogo, è un contratto non formale sia che esso si riferisca a beni mobili che immobili: infatti, né all’art. 1350 c.c. né in nessun altra disposizione si prevede che il comodato, avente ad oggetto immobili, debba avere forma scritta sotto pena di nullità. Ciò in quanto questo contratto non trasferisce un diritto reale di godimento, ma bensì un diritto personale di godimento e pertanto un diritto di credito.
Infine, tale contratto può essere definito reale. La realità è data dalla necessità, ai fini della conclusione dell’accordo, della c.d. datio rei, ossia della consegna del bene. Invero, il legislatore a fronte dell’assenza di un corrispettivo richiede quale prova della serietà dell’impegno il trasferimento del bene.
Pertanto, da quanto detto, il contratto di comodato costituisce un diritto personale di godimento in capo al comodatario: non un diritto che grava sulla res, ma un diritto personale che si impone solo all’altra parte.
Queste sono le principali caratteristiche del contratto.

TERMINE CONTRATTO DI COMODATO – FOCUS SU COMODATO AD USO FAMILIARE

La restituzione della res oggetto del contratto, e dunque il termine di conclusione del comodato, trova disciplina agli artt. 1809 e 1810 c.c. in base ai quali si devono distinguere diverse ipotesi.
Un primo caso, previsto nella prima parte dell’art. 1809 c.c., si ha quando un termine sia stabilito dal contratto. Qui le parti dovranno rispettare quanto pattuito.
Una seconda opzione si ha nell’ipotesi in cui il comodato sia senza determinazione di durata, dove si avrà il cd. comodato precario, a seguito del quale il comodante può in qualsiasi momento chiedere la restituzione della res al comodatario.
Una terza eventualità è data quando il contratto non preveda una scadenza, tuttavia questa sia desumibile dall’uso a cui la cosa deve essere destinata: in tal caso, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1809 e 1810 c.c., il comodatario – che ha ricevuto il bene – dovrà restituirla al termine di suddetto uso.

In relazione a questa terza fattispecie, un ampio dibattito si è aperto in tema di comodato ad uso familiare, dove oggetto del contratto è la abitazione in cui si sviluppa il nucleo familiare del comodatario.
A riguardo, al fine di garantire una maggiore tutela agli interessi giuridici coinvolti, si è cercato di avallare una interpretazione giuridica che non riconducesse il comodato ad uso familiare al cd. comodato precario, ma bensì a un comodato cui termine fosse dato dall’uso. Gli argomenti a sostegno utilizzati sono stati diversi, tra i quali:
un primo argomento basato sul tenore letterale dell’art. 1810 c.c.: infatti, se vi è un termine derivante dall’uso della cosa, ossia in questo caso la destinazione a casa familiare, il comodatario non è tenuto a restituirla alla mera richiesta del comodante. Specularmente, anche l’art. 1809, comma 1, c.c. richiama in tema di restituzione della res l’utilizzo della stessa in conformità al contratto;
un secondo argomento fondato sul dettato costituzionale: invero, l’art. 2 Cost. tutela i diritti dei singoli anche all’interno delle formazioni sociali ove si svolge la loro personalità. Pertanto tutela altresì la famiglia. Alla luce di ciò, si può sostenere come l’interpretazione favorevole alla configurabilità di un comodato ad uso familiare a termine, e non ad interim, è quella più rispettosa del dato costituzionale;
infine, si è richiamata la cd. causa in concreto del contratto, ossia la sintesi degli interessi delle parti come oggettivati nel rapporto contrattuale. In questo caso, la causa in concreto del comodato consiste non solo nel concedere gratuitamente il bene, ma altresì nel concedere la res al fine di permettere il soddisfacimento di esigenze familiari.
Questi sono le motivazioni in base alle quali può ritenersi che un contratto di comodato ad uso familiare abbia un termine implicitamente desumibile dall’uso cui la cosa è destinata, differenziandosi così in modo netto dal c.d. comodato precario.
Questa disciplina prevede, tuttavia, delle limitazioni.
Un primo limite è dato dal secondo comma dell’art. 1809 c.c., in base al quale, anche nell’ipotesi in cui il contratto sia a termine, espresso o implicito, il comodante potrà richiedere la restituzione del bene in presenza di “un urgente e impreveduto bisogno”, come recita espressamente la norma. Quest’ultima clausola, al fine di operare, necessita in ogni caso di una valutazione comparativa degli interessi del comodante, da un lato, e del comodatario, dall’altro.
Infine, ulteriori limiti alla disciplina di cui agli artt. 1809 e 1810 c.c. descritta, sono dati dall’eventualità di morte del comodatario o di inadempimento da parte di quest’ultimo degli obblighi contrattuali ai sensi dall’art. 1804 c.c.

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Lo Studio rimane a disposizione per qualsiasi chiarimento occorresse.

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